Lasciai il tuo corpo ubriaco di orme,
la tua bocca, fecondata per i miei baci,
piena la tua anima, fallite le pene
strisciava il mio affetto tra insonnie.
In diaspore febbrili vanno i tempi
spargendosi in pelle che arde salmastro,
latitanti di passioni e di sogni
nella tintura opaca della notte.
Rallento le mie carezze ed assemblo
all'iride della luna i miei aneliti,
l'avidità della tua sete non condivido oramai
se non dorme i suoi raggi l'astro.
Il geode delle mie mani si guarda
sospiri, scatto e mille battiti
e nell'ellisse che aspetta l'alba
si liquefanno estasiati i sensi.
Al rovescio della mia fortuna io lo prego
che imbrogli le regole del destino
inanellando la mia stella col tuo cielo
che benché fugace, eterna sia la lucentezza!
Il trifoglio che sfoglio nelle ciglia
sono falangi di petali unti
nella croce vertebrata della tua schiena
pagamento allegro il peccato commesso.
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