Noli me tangere

Tu che ne sai, figlio dell’uomo,
tu che ne sai del travaglio che squarciò 
l’alba del mio giorno?
Tu che ne sai 
di quanto mi costò allineare  l’asse al Creato,
tu che ne sai quanto piansi nel trainar acqua
dai Poli all’Equatore,
e che ne sai dell’amore per inventare un fiore?
Non mi toccare, ingrato,
che invadente hai violato il mio pudore,
che dei fratelli miseri stai divorando vita.
 Non mi toccare, chiuditi nell’antro della pena,
tornerò a fiorire e non ti dirò il dove.
Scenderanno ancora cateratte ricche di limo,
lì dove vomitasti  acido fiele,
ritorneranno le rose nel deserto,
e verde, e grano, e frutti gravidi di succhi.
Moriranno figli cui ammalasti l’aria,
venduti all’asta per una pugno di carta maledetta,
moriranno i tuoi nipoti con la gola asciutta
che le bombe hanno seccato i pozzi.
Non mi toccare, 
io son la Madre deflorata dall’amore,
non mi toccare con le mani dell’orrore.
Risorgerò, che non son mai morta,
la falce reciderà per me soltanto il male,
l’aratro solcherà sentieri di preghiere,
il mare aliterà acqua verso i cieli,
saranno fiumi a correre le vie,
delle mie vene pregne di vita.

Noli me tangere,
vile,
io sono viva,
non sporcare l’amore coi veleni!
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11-12-2016 Redazione Oceano “Tu che ne sai, figlio dell’uomo,/ tu che ne sai del travaglio che squarciò/ l’alba del mio giorno?” Un inno alla Natura, Madre di tutti noi, offesa e addolorata da tutto il male che i figli amati le procurano, e procurano a se stessi.

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Pubblicata il 07-12-2016

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