Il molo

Acciaio tinto di ghiaccio,
Forato da unico lampo,
Riflesso d’inverno nel cielo. 

Sartie di vele svestite,
Corde d’arpa sfiorate dal vento,
Sale il canto del gelo lamento.

Non resisto al richiamo del porto,
Avvolgo il corpo di lane cerate,
E son Molo dall’onda sferzato.

Lì lontano, lontano nel tempo,
Dove retta diventa già curva,
Giace memoria di odore di guerra.

Lì lontano, lontano nel tempo, 
Dove il Padre mi tiene per mano,
Giace ignota la grande paura.

Oggi il vento riporta l’odore,
Oggi il vento sa di dolore,
Oggi il vento è rombo d’orrore.

Mille figli di ogni colore,
Senza colpe muoiono invano,
Non c’è Padre che tenda la mano.

Son Molo dal tempo temprato,
L’onda cresce e parla di guerra,
Son Molo dal cuore spezzato.

Ora il sole cerca l’ignoto,
Scende oltre la linea ricurva,
Nella notte s’illumina un faro.

E io afferro di nuovo la mano.
data autore commento (si può commentare solo se si è loggati)
13-02-2015 Nenzi Vittoria Grazie Redazione.
13-02-2015 Redazione Oceano Il richiamo del molo, assillante con paure e memorie, sfiora il tempo non immemore di vita recisa, odore d’ aria vestita d’orrore.
L’angoscia pervade l’istante ed il mare riversa i ricordi quando il Padre ti tese la mano ed i morti innocenti graffiavano l’onda.
Su emozioni racchiuse preziose nel malinconico canto, non c’è urlo d’affanno e sgomento che possa arrivare così intenso come nella tua lirica.

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Pubblicata il 09-02-2015

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