Ho pagato Caronte
Ricorderò gli schiaffi e il mio volto bruciare sotto la pioggia. Ricorderò d'esser divenuto petalo di rosa s'una bara bianca per averti amato. Silenzio d'amanti nauseato nell'attesa dal troppo vino che come serpe m'ha consumato le ossa. E sono stanco d'aspettarti alla soglia dove ancora sputo lacrime nella tua strafottenza, e mi sei mare umiliato dentro venti spenti, nascosto spettro che grida a quest'udito sordo nell'abbandono d'infamie che pungono nella pletora di spine ingoiate come stupro. Ricorderò adesso d'aver stretto la mano a Caronte sui fiumi d'un inferno lastricato di Ti Amo e di Stelle Di Pane integrale, che poco hanno saziato lo stomaco e anoressico han reso il mio respirarti la notte, sotto cartoni dimenticati da Dio, su una maglia che anch'essa stanca non odora più delle tue promesse, ma di colpe che non hanno guarito quel tuo futuro tutto d'ipotesi e di tue paure. E non sarò più carnefice ammazzandoti ancora per poi risorgerti come fenice in gabbia. Sono ormai farfalla squarciata s'un fiore, morta due volte, dentro preghiere mai ascoltate.
data | autore | commento (si può commentare solo se si è loggati) | |
21-05-2014 | Angrisani Salvo Learco | Grazie infinite Redazione... | |
21-05-2014 | Redazione Oceano | Ormai solo ricordo d’un amore finito. Nella similitudine del silenzio che consuma e avvelena, l’autore descrive un senso intimo, che strema sino a distruggere. La prosopopea in figura di elemento naturale con altre retoriche vive, ne sottolineano ogni passaggio. |