Ma che stanco ormai non posso più
Come rosa nascosta nelle mille lacrime, come reputazione d'esser puttana ai tuoi occhi, nella presunzione di sapere che erano menzogne, sei caduto sulle mani d'un angelo disgustato. Ricordando a me stesso che si può essere morti tenendo la vita stretta fra i denti. Mi sei parole di condanna ormai che scava pozzi dentro un cuore sfinito a morte. Bestemmio le notti dinanzi ai sacri altari, sono serpente che si finge preghiera, grilletto mai premuto d'una pistola puntata alla gola dei miei sogni infranti. Ed è la morte, che ti priva di chi ami, a ricucirti sulla pelle un "per sempre" agonizzante, taciuto nelle troppe preghiere messe a pecora a grondare sudore nei pisciatoi del disprezzo, gridando un "ti amo" dedicato alla vita.
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27-05-2014 | Redazione Oceano | Il dolore, il pianto, la disperazione, l’impotenza sulla morte girano come corvi su questi versi. |