Andromeda, cosa s'è palesato

Andromeda, cosa s'è palesato 
alle pupille acquose
dell'empluraneo sguardo?
Tu là, lungi da un mondo che svapora,
posi distratta la malinconia.
Fiore sul ramo fecondo s'innesta,
ad annunziare il frutto
tenace della brina,
rigagnoli salati 
sulle colline delle rosse gote;
al par con la vacillante Bellezza,
castello di rena all'infaticabile
risacca degli uranici singhiozzi.

Ma là riposan inquieti i tuoi soli,
mentre i crini dorati
scollinano agitati
da febbrile fermezza
la pelle inesplorata.
Lì vorrei adagiarmi,
e far rimbombar cupamente sordo
il mediastineo rossastro pugno
che per tutta te balenando sotto
la pelle si riverbera,
nel vergine mio orecchio,
le mani avide e le febbrili dita
per sprofondare poi nella tua carne.

E tu impassibile premi le forme
tue sul grigiastro intonaco,
e se non mi si palesassero chiari
il calore sotteso 
e l'ematica linea delle labbra,
e lo sguardo inerte sul nulla fisso,
come ad avorio o marmo mirerei
la figura tua bella.

Forse l'attimo mesto
sulla carta ha impresso il fotografo;
forse è balenata a guisa di fulmine
e poscia tosto spirata al par
della candela rapita dal vento
stupratore la trista
senilità lontana.
Forse così appianerai il pensiero,
lo snervante neuronale aculeo,
ché la cera del moccolo permane.

Or ti pasci di verdi illusioni.
Or sei lieta e pensosa al tuo avvenir.
Or ricacci in cor le lagrime facili.
data autore commento (si può commentare solo se si è loggati)
10-02-2015 Redazione Oceano Si espandono in mistero e bellezza cosmica i tuoi versi, tratteggiando quanto della costellazione Andromeda è arcano e fascino.
Nei sentimenti umani che l’ avvolgono, nella natura accostata alla sua sembianza si percepisce assonanza perché vicina a ciò che è noto. Perdersi in quello spazio senza fine, nella “pelle” e “carne” non manifesta e, per questo, ancor più desiderata, è desio fermamente intenso non catturato da fogli di immagini, fotogrammi solitari.
Sono le emozioni che cingono forti l’illusione, assolo di unione in te esplose.