Futuro
Talvolta mi coglie per via un alito di grillo il battito esile della falena trepidante al barbaglio di una luce che sussurra. Allora si sgrana di colpo la porta della cantina neurale come occhio esterrefatto linciato da fascio di luce: procedo tra piante bianche di cadaveri che spuntano da tavoli freddi d'obitorio. Stretti all'alluce pendono tessere mosse dal gelo: il mio nome il mio nome il mio nome vi scopro annidato: i miei anni morti che s'accalcano. Si squarcia allora il velo che cripta l'ultimo cadavere che sospirando su piedi non vivi si posa meccanico come ci si corica quando il lume s'affioca perché non respira sotto il vetro.
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30-03-2015 | Redazione Oceano |
Nei tuoi versi s’intrecciano riflessioni imbattendosi in ciò che sgomenta come l’ombra della morte e inquieta come l’aria rarefatta. Tra immagini flessuose, immobili e spente, ai limiti dell’irreale, sgrana lo sguardo al sentire più angosciante: gli anni che passano senza avere l’attimo a tendere l’azione, lasciano il nulla a percuotere i ricordi. Nel l’ultimo fotogramma di memoria, muore “l’ultimo cadavere” ansimante di sogni e di coraggio. |