Virginia
Viveva caparbia, a lato della storia fioca come un fanale nella nebbia nella sua villetta, tutta squadrata convertita in modesto magazzino emporio di povere masserizie, di biancheria sotto naftalina, maglioni a rombi, camicie fiorate, borsette senza grazia, fuori moda accatastato tutto alla rinfusa alla penombra sempre novembrina d’una lampada arresa alle stagioni. Chi frugava impicciando mani e furia, chi spendeva la voglia della ciarla al vivo soldo del pettegolezzo, chi salutava per buttare l’occhio, chi trafugava asciugamani o calze furtivo sotto giacca, e lei si dice sapeva non dar corda, e mai negava se chiesto sottovoce un giusto sconto, con spirito di parte a quella ruvida cortesia cresciuta alla campagna, ed al rintocco dell’agognata ora stringeva poi le nocche sulla carta imbucando nel buio della tasca e un guizzo le arricciava fini labbra, contenta del suo misero bottino.
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29-07-2015 | Redazione Oceano | Nella lirica un unisono tratteggio coglie minuziosamente “Virginia” nella sua vita arresa, quasi spenta e sottomessa all’andare del consueto di periferia. Bellissimo è il tuo “trafugare” nel tutto che cinge la sua esistenza, per catturarne l’umiltà di un’anima in ombra. |