Il mimo di Crikvenica
Reggo un violino dipinto d’argento e scorgo il mio viso a nuovo innevato sulle spente acque del lembo di mare stretto orizzonte all’immoto mio sguardo. Mi fingo di pietra, acquatto il respiro perché tu mi creda il quieto ritratto dell’uomo compito e sazio di niente, sobillatore quel tanto imprudente che sfida in silenzio la pioggia e il vento, cova il segreto d’ogni turbamento. Se insidiano le labbra mosche e arsura o qualcuno celia, o sprezzante passa talvolta brevi gocce di sudore improvvise brillano sulla fronte rapide poi imbrunendo sulle guance. Sono i pensieri che non so trattenere nel lago opaco delle mie pupille, il battito più acceso sotto pelle, quando veemente zampilla il sangue d’un tremito le palpebre socchiude. Quando sarà deserto questo spazio mi curverò più lieve su me stesso e mi raccoglierò nel mio mantello in vicoli angusti in fretta svanendo. Domani indosserò il mio volto d’uomo all’alba consueto sconosciuto tra i passi frettolosi dei turisti, anch’io ambulante maschera fra tante.
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29-07-2015 | Redazione Oceano | Una bellissima lirica colta nella trepidazione dei versi che scuotono nell’incedere del dilemma umano: essere maschera fra tante. Volgono melodicamente le tue note in parole, mentre nutre ogni singolo accostamento, tratteggio della parte più profonda di te. |