Versione...in primis

Se penso a tutte le versioni di me stessa, alcune le ricordo,  altre vagamente…altre è impossibile 
ricordare…bambina troppo piccola per tenere sù la testa…piccole  membra di bimba appena nata tenuta 
in braccio con amore…bambina abbastanza grande che gioca a nascondino e a campana nel cortile sotto 
casa…bambina che porta codini legati con un nastro, vento nei codini e codini al vento…bambina triste 
e troppo silenziosa con i tanti problemi in quella triste casa con genitori sempre più arabbiati…
ragazzina che corre in un campo di fiori…poche piccole gioie comuni, le uniche veramente importanti. 

La bambina  con le ginocchia sempre sbucciate che impara ad arrampicarsi sugli alberi e a cadere…a 
volare su un’altalensa…a giocare a tirar pietre in bande di ragazzini e ragazzine turbolente. 
Poi una giovane ragazza riservata con le tempeste nel corpo e che cresce piena di complessi e infine 
donna con dentro centinaia di ragazze in un passato che vorrei adesso spingere in una direzione 
diversa e fino a tutte le bambine e ragazzine che sono stata. Ma non posso tornare indietro e 
condividere adesso il tempo che non ho potuto vivere in quelle parti della mia vita. 

Voglio condividere i pochi momenti preziosi con questa donna che sono adesso ormai troppo grande 
e che corre verso la fine della sua esistenza. Spesso mi chiedo come posso affrontare  quel poco 
di futuro che mi rimane con un passato affollatissimo di cose vissute con troppi sentimenti 
contrastanti e dolori inafferrabili…il cervello è elastico ma non infinito…può tendersi tanto 
oppure tanto per troppe volte…poi si strappa. La storia segnata dalle rughe che si incidono sul 
viso senza rivelarne i segreti…assoluzione o amnesia per continuare ad esistere. Il tempo 
vorticoso non si sa mai dove ti trascinerà e in cosa potrà trasformarti…Le cose che sfrecciano 
come dardi nella memoria si fondono appartenendo le une alle altre….ricordi che brillano con 
verità condivise, altri che si spostano negli anni a seguire. Pungente e amara tristezza…strade 
curve del futuro che si inarcano anche all’indietro nel passato. 

Fino alla donna matura con sempre più problemi attuali dopo anni di calma per ritrovare finalmente 
quella serenità che ho stentato a raggiungere in anni e anni…una donna spezzettata in schegge 
diverse dove è sempre più problematico trovare un piccolo punto d’appoggio ai pensieri. Il tempo 
fa delle cose alle persone indipendentemente da ciò che crediamo sia possibile. Avere un’idea di 
come si possa visualizzare il tempo che passa? Riuscire a vedere un segno, una immagine, un’icona 
che possa rappresentare lo scorrere delle ore e dei giorni? Già chiedere il tempo per disegnare 
la nostra idea del tempo, significa imporre una riflessione. E quindi una sottrazione di tempo 
al tempo rubato dalla disponibilità eterna e ubiqua dei cellulari, dall’accesso immediato ed 
eterno ad una quantità talmente ampia di informazioni che è impossibile discriminare. 

E come lo dividiamo il tempo conquistato (quello sacrosanto dell’ozio, del pensiero o della 
gioia rubata) da quello offerto al sacrificio dei doveri. C’è  quello più importante: il tempo 
che prende vita nei nostri figli, orologi viventi e mutanti, priorità e memoria, eterni perché 
è giusto così. Anche per questo «Visualizing Time», un sito italiano scritto in inglese perché 
in tutto il mondo non perdano tempo a tradurlo, diventa una sfida. Come quella romantica e 
perduta del protagonista di «Smoke», un film del 1995 tratto da un racconto di Paul Auster, 
dove uno dei protagonisti scatta ogni mattina una fotografia alla stessa inquadratura per 
decenni. Rappresenta così nello scorrere delle immagini e del loro lentissimo e inarrestabile 
variare, lo scorrere di un mondo. Altro film  per farci se non altro un’ulteriore idea 
straordinaria sulla visualizzazione del tempo, narrato da uno dei protagonisti: la storia 
di uno sciatore che muore durante una discesa e il cui corpo rimane congelato nel ghiaccio 
per poi essere scoperto 25 anni dopo dal figlio che si trova davanti il corpo perfettamente 
intatto di suo padre, paradossalmente più giovane di lui. Finora, schiavi di un tempo che 
non abbiamo imparato a governare, che poco comprendiamo se non nel suo prendere velocità 
ogni anno che passa come se gli anni lo spingessero, abbiamo dovuto accontentarci della poesia. 

La sabbia della clessidra dannunziana annunciava al cor che «il giorno era più breve». 
L’invocazione di Ungaretti: «T’affretta, tempo, a pormi sulle labbra. Le tue labbra ultime».
 L’immagine che credevamo definitiva di Shelley: «Mare insondabile, le cui onde sono anni». 
E siamo solo all’inizio… Quando in un modo o nell’altro la creatività che è in noi rimane 
stagnante il risultato è sempre fame di freschezza, fragilità e nessun nutrimento per le idee. 
Ci sentiamo male, vaghiamo senza meta fingendo di poter fare a meno di quel lussureggiante 
giardino…

Forse il tempo per sognare sembra arrivato agli sgoccioli, quando la frenesia svalorizza 
tutto…ma riuscire ad inventare emozioni è un dono…essere sognatori forse è considerato 
essere fuori dal mondo, ma in realtà questo è il mondo: quello di ieri, di oggi e di domani. 
Raccontare la vita attraverso le parole, con le emozioni nascoste sotto la polvere dei giorni. 
Le sensazioni dal dolore alla gioia…o ai coriandoli di provvisorie gioie. Passare accanto alla 
rabbia per raggiungere la speranza. Raccontare i colori del tempo, la fortuna e la sventura 
del vivere, le attese e i miraggi. Sul letto il sonno si arresta e la notte arresa alla 
lentezza delle ore trova una luna affaticata che sta ai bordi del cielo e non s’affaccia. 
Sono avvolta in pensieri pungenti che si annidano silenziosamente non davanti ma a ciò che 
sta dietro agli occhi…la verità che si nasconde e il dolore che sottile si insinua. 

Appare uno strano silenzio, fragile e stanco su un pensiero…passi perduti…attesa negata…
data autore commento (si può commentare solo se si è loggati)
25-02-2016 Pomina Genoveffa Inizio del mio libro di narrativa "Sarà per questo che Dio ci ha dato la pelle?"
E’ sorprendente quanto velocemente il tempo passa ora che desidero vederlo rallentare…non voglio farmene una colpa per lo scorrere del tempo, per il lento irrigidirsi di atteggiamenti e reazioni prevedibili…per la lenta morte dello stupore…per la consapevolezza che toglie novità alle emozioni, accogliendole come amiche o nemiche non più micidiali ma adesso molto gestibili. Svolto un altro angolo anche se trovo la scena di sempre…paura della consuetudine…della monotonia…delle cose trite e ritrite…tediose…
…disse Dedekind…in qualunque punto della successione numerica, all’interno di un qualsiasi piccolo, esiguo intervallo, si può trovare l’infinito…
Genoveffa Pomina
25-02-2016 Redazione Oceano Il tempo nega all’attesa il suo ritorno e i passi incessanti dei ricordi i arrotolano come eco del vissuto. Il bagliore di un’ infanzia che fu e mai equiparabile al suo sguardo navigato adesso e teso all’indietro, non fa che parlare al vento dei sogni e di tutto quello che non c’è stato. Dirsi non serve a arrestare la corsa ma solo ripetere il viaggio a ritroso per dare un senso. Bellissimo!

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Pubblicata il 17-02-2016

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