Il medico ed il cane
George era un uomo metodico. Ogni pomeriggio, alle cinque, lasciava il suo studio medico. Con due mandate alla porta chiudeva la serratura, infilava le chiavi nella tasca destra della sua giacca e procedeva a piedi per la via. Casa sua non era molto lontana, quindi era rilassante osservare il vicinato, gente tranquilla, intenta a curare il giardino, oppure immersa nelle varie faccende. E per ognuno egli aveva un sorriso, un saluto, in fondo erano anche i suoi pazienti. “Ecco…” si diceva la signora Smitherman “…che passa il dottore. Preciso come un orologio. Che uomo tutto d’un pezzo!”. Ed erano, su per giù, questi i pensieri di chi lo vedeva passare. George era contento delle sue piccole fissazioni, delle sue abitudini che gli semplificavano la vita. Mentre procedeva, perciò, fra le villette immerse nel verde, già immaginava sua moglie che, tornata dalla spesa, cominciava a sistemare tutto per la cena. Vedeva suo figlio, adolescente, studiare al computer e la sua piccola, il gioiello della sua vita, immersa in qualche nuovo gioco. Già, com’era splendida la sua esistenza! Arrivò al cancelletto bianco della sua dimora e, come re che giunge al suo castello dopo una dura campagna di guerra, si apprestò a godere del meritato riposo. Procedette lungo il vialetto, quando il suo occhio allenato alle cose fuori posto, vide, nell’erba tagliata all’inglese, il giocattolo preferito della sua piccola Mary. Era un peluche, un orsetto ormai vecchio senza cui la piccola non riusciva a dormire. Doveva esserselo scordato, ma non poteva lasciarlo lì, altrimenti le urla della piccola Mary avrebbero infranto i vetri. Quindi, alzando gli occhi al cielo, sbattendo la borsa sulle cosce con rassegnazione, lasciò il vialetto di mattoni e proseguì nell’erba. L’erba umida si piegò sotto il suo passo. Il peluche era a poca distanza da lui, si chinò quasi a prenderlo, quando… Un cane, un semplice cane di quelli senza razza, tutto pelo di un colore indefinibile per la sporcizia che lo copriva, di piccola stazza, comparve all’improvviso, afferrò il giocattolo e corse più in là... - Dannazione! - esclamò il medico. Il cane rimase fermo a guardare il bipede, con ancora in bocca il peluche. George si mosse verso di lui, ma il cane saltellò via e, strattonando il giocattolo, si mise a scodinzolare col sedere in aria. Voleva giocare... - Su, bello, non ho tempo da perdere, dammi il gioco! Forza, bastardo! - finse una voce dolce il medico. Ma il cane non mollava, allora George, con un ringhio, scattò verso di lui, ma il quadrupede scappò... George finì ginocchia a terra, ed il suo bel vestito si sporcò. Intanto, l’animale si era fermato e con sguardo curioso, gioco ancora in bocca, fissava l’umano. Il medico si rialzò, spolverò alla meno peggio i pantaloni, lasciò la borsa e si apprestò a far vedere al cane chi era l’essere dotato di intelligenza... Finse indifferenza, fece persino qualche passo verso casa sua, tenendo d’occhio sempre la bestia malefica dal fare giocoso… L’animale si mosse di qualche passo verso di lui, poco in verità, ma a George bastò. Scattò di corsa verso il cane, ma l’animale gli sfuggì e cominciò a correre a perdifiato. A quel punto la lotta fra cane e uomo non era più per un litigio per un giocattolo, ma per la supremazia… Una lotta per il più forte! George, non più rispettato membro della società, non più medico ammirato, si mise a correre dietro al bastardino, incurante dello sguardo attonito dei vicini. La signora Smitherman, che beveva una limonata fresca, per poco non soffocò vedendo il medico passare urlando improperi verso un piccolo cagnolino con un oggetto in bocca. Il cane era instancabile, col suo trofeo correva a perdifiato, oltre le siepi, infilandosi fra giardino e giardino, ed il medico sempre dietro… L’irrigatore automatico degli Wurz entrò in funzione proprio quando George incespicava nella loro siepe, ma imperterrito continuò il suo inseguimento. Il bastardino arrivò ad una piazza e si bloccò. Grondante, George grugnì di piacere malefico vedendo di fronte a sé quell’essere che tanto l’aveva esasperato... Il cane guardò l’uomo. L’uomo fissò il cane. E George si inginocchiò al suo livello e si avvicinò, a quattro zampe, lentamente… Allungò una mano ed il cane non si mosse… George sentiva dentro di sé il piacere della vittoria, mentre i suoi polpastrelli percepivano il pelo sintetico del peluche, quando... - Salve, dottore! - disse una voce quasi sconvolta per quella visione. Era il signor Smitherman, ed il suo intervento bastò perché il cane riprendesse la sua folle corsa. Stavolta, però, ritornò sui propri passi. Ed il medico, scoccando una malevole occhiata al signor Smitherman e grugnendo di scontentezza, si lanciò ancora all’inseguimento. Di quello che era stato il bel vestito di George non rimaneva che un pallido ricordo... Cravatta allentata, completamente zuppo, camicia fuori dei pantaloni, che macchiati di terra erano tutti stropicciati... Non seppe come, poiché l’animale che in lui era sopito si risvegliò di colpo, ma si ritrovò nel suo giardino in uno stato ancor più pietoso di prima. Completamente stravolto dalla stanchezza, ansimò rabbioso: - Dammi quel peluche! - Il cane, che si era fermato, mollò il gioco, si sedette e, con sguardo curioso, sembrò osservare l’uomo che aveva davanti. - Bravo, non ti muovere! Fatti prendere ed un posto al canile municipale sarà tuo! - cercò di ruggire dolcemente. Il cane non si mosse ancora, permise all’uomo di prendere il peluche e, quando George lo sollevò in braccio non ebbe niente da ridire... Mugolò un attimo... - Sì, il canile di aspetta! - disse trionfando il medico. - Ma caro, cosa fai? - chiese alle sue spalle una voce di donna. George si girò ed incontrò lo sguardo stupito e perplesso della moglie. Aveva per mano la piccola Mary ed uscivano da casa. - Io, veramente... - e George indicò il cane ed il peluche. - Sparky! - esclamò la bimba trotterellando verso il padre. George non sapeva che il peluche si chiamasse così, ma la bimba si diresse sicura verso di lui. - Papà, mi hai preso un cane! - - Caro, hai fatto davvero questo? Credevo che fossi contrario! - rise la moglie avvicinandosi. Gli prese dalle braccia il cane e, con la bambina trotterellante alle spalle, entrarono in casa. A George non fu dato il tempo di dire neanche: “Ma...”
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