Turgida Gemma |
È un’asettica primavera. Rabbrividisce aderendo al dorso di un permanente inverno. Indossa abiti lacerati dai graffi di nevralgie; sono fossili di giorni vissuti. Mi riconosco in una turgida gemma che cade lungo i seni spogli di nutrimento della novella stagione. Mi arresto sul vello di neve che ricopre fiori di campo senza vita. Ma il cielo è una spugna che assorbe il lamento. Lo intride d’ infinito, alimento per stupore e poesia: mentre germoglio nel sapore rosso di una bacca di sambuca tra la neve sciolta. L’erba appare a sprazzi. Sono una pedina sopra ad un informe quadratino smeraldo di una scacchiera bianca e verde. Scelgo la mia mossa e avanzo. Rincomincio la partita con le mie fragilità. |