Il pantano |
Torbida la notte e falce in cielo la luna mossa da cirri in fuga e frettolosi nembi. Mummie tra i rami le civette maschere costrette di sinfonica malìa lanciano strali e lugubri richiami al viandante raggelato di paura. Sono cassandre inascoltate d’invettive e mali senza liturgiche serpi e foglie d’alloro scacciaguai. Umida è la notte e liquida nei pantani di rane genuflesse al rospo di turno, al lupo, alla faina e larve e girini, bocconi sacrificali tra i riflessi bruniti delle stesse acque. Battaglia navale lo stagno, campo di sventura estrema lotta per sogni che affogano nel fango. La flotta degli inermi s’è smarrita sotto i colpi inferti dal tiranno sbavante (gonfio d’ira e denti aguzzi laceranti la carne). Fuma la notte di roghi tra le nebbie e cavie di popoli sull’ara primordiale come albori di caverne, al tempo dei gentili ai Torquemàda di ronda, nei forni crematori alla spada del boia, al fuoco dei fucili. Eppure in questo squarcio di tempo infermo consumato dal petrolio, dalle sciarade di morte siamo ancora vivi, maleodoranti, ma vivi. Nudi strisciamo nell’immonda porcilaia ma siamo vivi. Miracolosamente vivi in questo pantano. |