Protagonista tormentato degli eventi del proprio tempo, è uno tra gli scrittori più moderni della letteratura latina. Affascinato dalla morale stoica, riuscì a piegarla alle esigenze della vita pratica. Lo dimostrano i suoi molteplici scritti, grazie ai quali la riflessione romana raggiunse il massimo livello nell’ambito della filosofia morale
La frase succitata in esergo di Lucio Anneo Seneca resta di una attualità sconcertante nonostante tanti secoli siano trascorsi. Anche se non prenderemo in esame il pensiero del filosofo stoico della tarda latinità, partiremo da questo suo pensiero per affrontare un problema attualissimo della nostra società. Per essere precisi, cultura deriva da colere, coltivare: si coltiva, si ara un campo affinché sboccino i fiori così come si coltiva la mente affinché noi si possa avere una visione non dogmatica ma critica della realtà.
Subito il filosofo stoico introduce anche il più profano in filosofia nel valore della condivisione.
In realtà, contro ogni visione narcisistica del conoscere per il conoscere, c’è un’ottica diversa, autentica: si conosce per agire, per sviluppare determinate doti nell’altro da noi. L’arte, e in genere la cultura, non hanno così un carattere élitario ma universalistico, non esiste più la netta scissione tra cultura colta e pseudo-cultura.
Italo Svevo: Dopo "Una vita" e "Senilità", il suo terzo romanzo "La coscienza di Zeno" è considerato oggi uno dei capolavori della narrativa europea del Novecento
II protagonista de La coscienza di Zeno è una persona altamente suggestionabile che non sa resistere per la sua disposizione d'animo, neppure ad una sigaretta. Così, intossicato dal fumo, si rivolge alle cure di uno psicanalista e ripercorre la sua vita al presente, rievocando soprattutto i conflitti interni (alla scoperta dell’inconscio: in effetti consiste questa terapia che ltalo Svevo, pseudonimo di Ettore Schmitz, conosceva direttamente per aver letto l'opera freudiana).
Ciò che veramente è sofferto – forse in prima persona? – è il ricordare i suoi conflitti con il padre, il volerlo superare, visto che il genitore lo considerava un buono a nulla. Zeno Cosini, lo psicanalizzato, personaggio principe del romanzo, non crede in realtà alle sue potenzialità, non crede in se stesso ed è per tale motivo che ogni sua azione si rivelerà un fallimento.
Sebbene l’argomento della sessualità desti molta curiosità, gli antropologi ne sanno ben poco in quanto finisce il rito sessuale dell’accoppiamento che viene praticato privatamente, lontano da occhi indiscreti. Pertanto la descrizione che noi abbiamo dei riti copulativi è dovuta a osservazioni non dirette bensì a testimonianze riportate. Molte notizie le ritroviamo in Malinowski (1922, trad.it. Vita sessuale dei selvaggi in Melanesia nord-occidentale) che ha riportato in modo dettagliato i rapporti sessuali nelle isole Tobriand (Arcipelago del Pacifico sud-occidentale appartenente alla Papua Nuova Guinea,).
Sacro e profano: IV parte. In foto Guerrieri Niam-niam o nyam-nyam, ora il popolo Zande o Azande, un gruppo etnico del Nord Africa Centrale
Abbiamo constatato, nei numeri precedenti, come nell’antica Grecia la pederastia non poteva essere considerata alla stregua di un vizio deprecabile e condannabile, in quanto forniva un rito di passaggio iniziatico alla futura classe guerriera, almeno a Creta o a Sparta di stirpe dorica. Tale pratica omosessuale la troviamo anche oggi nelle tribù Azande del Sudan.
III parte
La scuola fenomenologica-religiosa con il suo esponente G. Van der Leeuw, individua le varie forme del rito:
- iniziazione (o del passaggio da uno “status ad un altro”)
- propiziazione
- espiazione
Queste forme di rito portano anche ai vari momenti del rito: l’iniziazione porta il soggetto alla sua preparazione, la propiziazione ad eseguire determinate pratiche, mentre l’espiazione è la sua parte conclusiva.
Avvicinandoci al problema del sacro invece Freud, nella sua opera del 1906, riduce il rito a pura nevrosi a differenza di C. G. Jung che cerca nel mito e nel rito non la nevrosi ma aspetti puramente simbolici e rituali. (vedi anche C. G. Jung, L’uomo e i suoi simboli, opera rivista dall’allieva Marie Louise von Franz).
Il filantropismo era stato il movente o uno dei movimenti del socialismo di Robert Owen che chiamò la sua «comunità-colonia», New Armony, così come il socialismo francese partì dall’impostazione della rivoluzione industriale con i suoi problemi.
Ecco quindi il perché dell’appoggio di ricchi industriali e finanzieri ai «clubs» fondati da Saint-Simon proprio in quanto si consideravano i proprietari d’industria e gli operai come «coaudiatori» contrapposti all’alto-clero e alla classe nobiliare e dei grandi possessori di terra. Non da meno sono utopisti un Fourier o un Proudhon.
II parte
La letteratura orfica – molto tarda che riprende da quella originaria – comprende leggende sacre, in cui si espone il si-stema mistico – teologico dell’Orfismo: misteri o riti, i Vaticinii, Inni, Canti in onore di Dioniso, e un poema sulle virtù occulte delle pietre o Litici.
Argonautici e Inni sono ormai e definitivamente, come del resto i succitati Litici, da datare in età ellenistica come in genere tutto citato sopra. Comunque il culto di Orfeo è antichissimo e risalente, secondo Onomacrito, almeno al VI secolo a.C. Solamente la Poesia Orfica è davvero la testimonianza più attendibile e frutto dell’Orfismo più autentico così come la creazione di Phanes (anche Fanes o Fanete), la divinità dai due sessi.
I parte
Émile Benveniste, il noto linguista autore di Le vocabulaire des institutions indo-européennes (Paris 1969, ora in trad.it. per Torino, Einaudi, 1976 e 2001 in due tomi), parlando di religione, entra nella dimensione del sacro. Tale parola, che in greco antico è (h)ieros, la troviamo in latino con sacer. Il significato vero ed originario, anche dal punto di vista antropico, non è inteso come semplice venerazione bensì è ambivalente. È ciò che ci spaventa, ci atterrisce e nel frattempo è ciò che veneriamo proprio per timore che tale maledizione ci colpisca.
Etimo, storia e considerazioni
È proprio col Romanticismo che si sviluppa a pieno titolo e consapevolezza un nuovo genere letterario: il romanzo.
Ricordiamo che proprio il termine «romanticismo» deriva dall’inglese «romantic» che significa romanzesco e nasce proprio nel 1600-1700 in antitesi allo sviluppo così portentoso della scienza e delle considerazioni grandiose di un Descartes, Galilei, Spinoza, etc., per citare che alcuni nomi.
Il bisogno dall’animo umano d’evadere dal dominio razionalista o la predisposizione di tale stato d’animo era detta romantical o romantic. Ma è proprio Federico Schlegel nel secolo decimonono a contrapporre tale genere letterario (il romanzo) a ciò che fu l’epica per gli antichi.
Per lo Schlegel il romanzo assume in sé «tutto», ogni forma letteraria, anzi è il «genere sommo mai raggiunto nella letteratura che contiene tutto».
Il viaggio più emozionante e mai finito è un viaggio nel nostro mondo interiore, un mondo, in molti casi, destinato a rimanere inesplorato
Dal latino viaticum, passando per l’antico francese, arriva a noi. Invero è ciò che serve a nutrirci durante la strada, “via”, una provvista insomma. Tanta letteratura abbonda sul viaggio ed è nota l’espressione “ultimo viaggio” come il fine vita o l’Evento per antonomasia in una nota filosofia degli inizi del ‘900. Dobbiamo menzionare Erodoto che nei suoi viaggi ci racconta curiosità ed altro, di valore antropico, dei popoli visitati e, in età moderna, Volney (un idéologue) che concepì il viaggio come “esplorazione scientifica.”