Umiltà e onestà |
La civetta difende la luna dal chiarore in armonioso canto dall'alto delle fronde e stende gli occhi vispi sulla mia lena addossata alla torre campanaria in gestazione silenziosa, in attesa del rintocco, schiocco del dovere sulla mia cute. Protendendo le mani in guanti callosi e dignitosi, di iuta umile vesto il mio corpo pronto al lacero e allo strappo: si cristallizza l'affanno con la goccia di sudore sul cappello velinato di una fronte spettinata. Forte al dovere è l'anima al crepuscolo dissetandosi nella polla, ernia di un fiume che è madre del giorno onesto e prosciugati nell'ugola la frode e l'inganno senza sarto vegliano l'alba, mormorando sulla nuda roccia alla pietà del mio dolore, implorando una lacrima dagli uomini laddove trema una stella livida. Notte chiara, con il belare muto della pastura servito al firmamento, elevami al di sopra degli astri, tralascia rubini e diamanti e in un vestito latente di candido vello bianco esigo il trono del re dei sogni, con entrambi mani sullo scettro di una spiga del campo dorato che sazia il giorno e reclama la voce di un piede nudo felice sulla cima della rupe del destino. |