Verso il meriggio |
Verso l’impudica notte, dove finisce il re e comincia l’uomo, sentiamo il battito del mondo che rulla sulle nostre pelli accordate. Sbattono forte i vecchi tamburi, mentre scuoiamo il drago. Sulle facce appaiono le prime rughe di frontiera, come sfiati sui pozzi dei desideri, come anfratti erosi dalle urine del tempo. Bare di pensieri mobili occultano le ferite e nell’intimo di questa immensità ci tocca pregare. Dei lontani aliti che scaldavano gli anni rimane solo la pelle, il resto è fuori dai nidi dell’estate, perso fra le ore del meriggio. Slaccia dal volto il tuo sorriso o vento e schioda libero il gusto della sua leggerezza sul nostro palato immaginario. Mandrie di nuvole piene galleggiano sulle nostre teste come pesanti coltri fra cieli e terre. Non sentiamo più il canto acerbo delle ore, ma scivoliamo un po’ incauti un po’ vaghi verso i lunghi confini del tempo. |