La terra infinita |
(le mie radici) Capita, a volte, che io mi sieda più in là dove le ombre se ne vanno sazie di colori ad incontrare a notte un acquazzone di stelle a contare sulla punta delle dita il tempo lasciato appassire senza che io ritagliassi un'orma per tornare a te. Sarà che devo molto alla polvere d'agosto secca tra i filari o al profilo selvatico della menta che io contenderei ancora ai muri a secco un riparo, un silenzio, una goccia di sudore ben voluta da Dio. Capita che io ricordi con emozione la figura alla deriva del mio vecchio che ritorna dall'orizzonte di quella via in bilico sul margine felice delle prime piogge di luce a cantare come un innamorato una nenia al vento. Da molto il mio piede non è avvezzo agli stratagemmi delle radici innestate nell'anima della terra mentre la storia delle nuvole dai volti di donne va spremendo nel solco delle pieghe del cuore la maturità del sangue come un lampo selvaggio scagliato sulla superficie impareggiabile del silenzio. Ma ora che le ignote lontananze mi serrano alle voci deposte delle cicale io cerco di irrorare la punta delle mie radici nel suono obliquo dei flauti, nel tempo che avanza a invadere il chiaroscuro andirivieni attorno a questa terra infinita. |