Una storia senza nome |
Fremono le luci sui poveri tetti diresti la vita un dolce rumore appena addormentato. Come beve distratto il vento all’assonnata fonte dove una fanciulla vi ritorna simile ad un cuore risollevato da un soffio il bello sguardo vi s’affonda, vi s’addormenta senza peccato, innamorato, bellissimo, esitante d’un gioco di riflesso annuvolato. È questa la prima luce che scorre a primavera d’un ritmo cheto a ricomporre aritmie l’antico dolore che fa scendere là dove la tristezza sottrae alle rose le amorose prodezze, gli odori, le piccole vigilie dei sensi. Eppure solo per averla guardata mi sarebbe bastato dirle: “Stammi dinanzi presto vien l’alba, l’ora in cui s’aprono le porte del mondo, l’ora in cui cade pigramente ogni pena, ogni silenzio sul filo dei panni e sulle luci che si baciano sopra le periferie”. Ecco, sui poveri tetti s’è chiuso un libro una storia senza nome la sua bocca se ne va a cercare il male e il bene come il mare a sera fra i caldi relitti d’alghe sull’ampia spiaggia. Ha piume leggere la triste luce passano le ultime ombre sul viale la pazzia solitaria del vento sulle umide scale sola e seduta cadeva in me la preghiera come una vita lontana senza rumore mentre già si affannano più dei treni gli scialbi fuochi dell’aurora. |