Un'interiorità e un'intensità fuori dal comune con le quali la De Vergori si esprime, determinata dal sentirsi parte viva e integrata in questa società globalizzata. Non a caso è fermamente convinta che si può veramente cambiare il mondo, e proprio i poeti hanno un ruolo importante in tutto questo, in una sorta di presa in carico di responsabilità da parte loro, per una possibile redenzione, in cui la poesia ha il compito di portare alla ribalta la voce dei dimenticati, dei diseredati, dei diversi, degli emarginati.
- I poeti sono profeti del tempo perché molte volte si fanno voce di tante realtà spesso scomode, come la storia racconta. Poeti, scrittori e intellettuali hanno pagato spesso anche con la propria vita - continua la De Vergori - ma sono anche quelli, come dice Pascal, che hanno uno "spirito di finezza che va oltre", che sa vedere al di là, dove altri non riescono a coglierne l'essenza, che sa interpretare e trasmettere con le parole ciò che noi non riusciamo a volte ad esprimere.
- Il coinvolgimento nel sociale è un passo importante nel tuo percorso di vita. Chi o cosa ti ha indicato la rotta da seguire? - le chiedo.
- "La stella polare" che mi ha condotto fin qui, nasce dall'humus della mia famiglia d'origine in cui sono vissuta. Nella mia grande casa "dalle cento stanze", come la definisco nel libro, mia madre accoglieva e manteneva relazioni di amicizia sia con le famiglie più abbienti del paese, che con quelle più semplici, in un rapporto d'amicizia lineare, senza distinzione affettiva di approccio. Ma soprattutto si avvertiva una sensibilità particolare versi i bisognosi.
Chiamata ad insegnare in uno dei quartieri più disagiati della città, vi sono rimasta per dieci lunghi anni. Proprio qui è iniziato il mio percorso non solo professionale, ma anche umano, frequentando le case dei disagiati, calandomi nei loro vissuti. Determinanti sono state anche le suore della Carità di Sant'Antonio, con le quali ho condiviso il mio piccolo contributo come volontaria verso i bambini. Poi la Migrantes con don Gianni De Robertis che mi ha aperto gli orizzonti verso i popoli, verso la diversità religiosa e razziale. E ancora la Comunità ortodossa d'Etiopia e il thè dell'Amicizia ideato dal nostro parroco, dove incontriamo fratelli di religioni e confessioni diverse; il Gruppo ecumenico e il ponte con Casa Mandela, che hanno ulteriormente rafforzato il mio desiderio di impegnarmi nel sociale. Una semplice conseguenza naturale a questo mio vissuto di esperienze e conoscenze.
D'altronde, come diceva Eraclito, "Panta Rei." Tutto scorre! Che lo vogliamo o no, andiamo comunque incontro ad una società multietnica e multirazziale. Ecco... Un passo dall'Arcobaleno è la speranza che nessuna forma di offesa alla dignità della persona sia mai più perpetrata e che l'amicizia possa splendere in un arcobaleno multietnico.
- I miei amici hanno i colori del mondo. Non ho amici monocolore - esprime con fierezza.
Prorpio così. "Un passo dall'Arcobaleno" significa proprio "a un passo dalla speranza" in un cambiamento in cui, come recita in alcuni suoi versi: "Siedono a mensa i buddista e l'indù, il maomettano con il cristiano, il non credente è l'amico abbracciato", nella speranza di vivere in un mondo che guarda tutto: il creato, la società, il diverso.
Sul finire la De Vergori rivolge un messaggio ai giovani sottolineando come in questo mondo così spesso materialista, sia importante la scrittura, tornare a una spiritualità meno "artificiale", essere attenti a non cadere nella rete ingannevole dei richiami sociali spesso vacui, che stordiscono e isolano, che distraggono lo sguardo ormai concentrato sui mezzi telematici, che inducono a banalizzare i sentimenti, a spegnere la creatività, a disconnettersi con la realtà a favore del mondo virtuale.
- La tecnologia va utilizzata nei giusti modi, non va demonizzata ma padroneggiata. Parlate tra voi, guardandovi negli occhi. Esprimete il vostro pensiero, fate domande, ponetevi domande. Nulla potrà sostituire il pensiero critico. La lettura, la scrittura hanno un effetto catartico, terapeutico. Sono uno sfogo di energie... è creatività.
Massimo Massa