Tra il 1958 e il 1963 il popolo italiano, che in precedenza aveva vissuto i disastri della guerra e la povertà dell’immediato dopoguerra, scopre per la prima volta il benessere e il consumismo
Il dopoguerra consegna agli italiani un paese più vivo e più consapevole dei propri diritti, anche se non ancora pronto alle profonde trasformazioni del ventennio successivo. Nonostante una maggiore capacità imprenditoriale, tutto è fermo nelle mani di una classe politica inefficiente. Operai, contadini, ceto medio, benestanti; la società è ancora divisa, segno che il benessere, che pure inizia a manifestarsi, non è equamente distribuito.
La politica ruota intorno ai due massimi partiti: la Democrazia Cristiana, ancora stabile sulla base elettorale che ne sancì la vittoria nel ’48, tenta di coniugare l’impossibile ed auspica un “progresso senza avventura” e il Partito Comunista Italiano, il più grande d’occidente, che ha difficoltà ad assumere una propria identità rispetto a quella russa.
Nel 1940 la città era impreparata ad ogni evento bellico, con pochi ricoveri pubblici efficienti, tenuto conto che molti di essi erano vecchie cantine trasformate e protette da muri paraschegge
Napoli. Due o tre anni prima rispetto al dopoguerra raccontato da Curzio Malaparte nel terribile e sconvolgente “La pelle”. Siamo in pieno conflitto bellico, con i bombardamenti già iniziati a novembre del 1940 e che andranno avanti sino all’aprile del ‘43: chi li ha contati sostiene che furono circa centoventi. La città pagava per la sua posizione strategica nel Mediterraneo; il suo porto infatti, con una flotta navale di tutto rispetto, parimenti a Taranto, Livorno e La Spezia, era il capolinea per la Libia.
Gli Alleati entrano a Napoli dal 1° ottobre 1943: una lunga presenza, giustificata da ragioni strategico-militari legate al controllo del porto, che termina soltanto dopo la nascita della Repubblica italiana
Napoli, 1° ottobre del ’43.
Si sono concluse le “4 Giornate” e Napoli è ormai libera dai nazisti, quando entrano gli americani che sino ad allora – e chi glielo faceva fare di muoversi prima? – avevano aspetta-to a Salerno. E i napoletani, come ottantatre anni prima con Garibaldi e le sue truppe, li accolgono con fiori e applausi, raggianti di felicità.
Pensano che finalmente ’a nuttata è passata, come dirà poi Eduardo nella sua Napoli milionaria.
Il 2 giugno del 1946 l’Italia sceglie di cambiare pagina: il racconto d’un ragazzo del ‘37. 25 milioni di cittadini (gli aventi diritto al voto erano 28 milioni) si recarono alle urne: il risultato fece emergere un’Italia divisa tra Nord e Sud
No, non parlo di calcio, anche se a quel tempo ero “fissato” per il Grande Torino che purtroppo due anni dopo fu coinvolto nella tragedia di Superga. Amavo così tanto il calcio che “fondai” una squadra Gli aquilotti partenope, con tanto di magliette, naturalmente azzurre, di tessere e foto, e della quale ero, ovviamente, presidente, allenatore, capitano e portiere.
Mi allenavo continuamente, talvolta anche fino a mezzanotte, sotto la statua dell’Immacolata a Piazza Gesù Nuovo trasformata, da noi ragazzi, in campo da calcio, con le porte segnate dai cumuletti dei nostri vestiti; ricordo ancora che giocavamo con una “palla di pezza”.
Quante sfide con quelli di Santa Chiara, di San Sebastiano, di San Domenico Maggiore che, nonostante i miei duri allenamenti notturni, mi infilavano puntualmente non meno di dieci volte a partita!