Enrico Marco Cipollini

Del bene e del male

Da un lato il bene, dall’altro il male? Ma che cosa sono? Il male è un mero non-essere, un’assenza di bene, un cono d’ombra plotiniano? Il male è ciò che non si deve fare, neppure talvolta pensare? Allora esiste. Eh sì; sembra che possa esistere.

Edipo

Edipo è l’occidentale errante che, con i suoi piedi piagati, attraversa le “regioni” dell’uomo. Davanti alla Sfinge egli può non rispondere: salvarsi da un orrendo destino, spezzare il fato che così lo ha pre-destinato. Ma Edipo vuole andare oltre, consumare il disegno di un’oscura divinità, non contraddirla. Diventa Re, ha gloria, domina incon-trastato dopo essersi macchiato del sangue paterno, seppur innocen-temente, si ricongiunge alla madre (quale affinità con l’Attis di Catullo). Diventa, Edipo, auto-punendosi, cie-co.
La follia di Edipo di seguire la trama della predestinazione: l’intelligenza che vuole scoprire il martirio del-l’uomo come unica soluzione. Il de-siderio del grembo materno, la nostalgia di un “paradiso perduto”, la pace effimera, il dominio su Tebe e l’uscita, poi storica di tale città dalla Storia.

Un quarto alle 3:00. Notti

Tra i plichi di posta, tutti in una volta sola, come i dolori e le gioie, mi accentro su un libro con copertina nera, elegante (la semplicità è tale) è un libro di Maria Teresa Infante; un quarto alle 3:00. Alieno ai “poeti”, mi ritrovo nelle sue parole che scandiscono le ore ossessive della notte.
Rimpianti, ricordi, refusi, stillicidio di minuti, secondi eterni, ore che non passano mai tanto piene di fantasmi, cadaveri e tu sei solo con loro, perdi ogni cognizione di te stesso, o sei forse il tuo te stesso in quegli attimi da crucifige? Quell’esortazione imperativa che gli ebrei fecero affinché il Cristo fosse messo in croce. Rimanda questo al Das Leben Jesu hegeliano: il Padre manda il Figlio in Terra ma, crocefisso, il Cristo non torna – come vorrebbe la dottrina ufficiale – al Cielo ma si dà all’uomo.

Appunti sparsi sulla condizione umana (teoretica)

Edipo è l’occidentale errante che, con i suoi piedi piagati, attraversa le “regioni” dell’uomo. Davanti alla Sfinge egli può non rispondere: salvarsi da un orrendo destino, spezzare il fato che così lo ha predestinato. Ma Edipo vuole andare oltre, consu-mare il disegno di un’oscura divinità, non contrad-dirla. Diventa Re, ha gloria, domina incontrastato dopo essersi macchiato del sangue paterno, seppur innocentemente, si ricongiunge alla madre (quale affinità con l’Attis di Catullo). Diventa, Edipo, auto-punendosi, cieco.
La follia di Edipo di seguire la trama della prede-stinazione: l’intelligenza che vuole scoprire il martirio dell’uomo come unica soluzione. Il desiderio del grembo materno, la nostalgia di un “paradiso per-duto”, la pace effimera, il dominio su Tebe e l’uscita, poi storica di tale città dalla Storia.

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