Successo di partecipazione per l’VIII edizione del Premio “Seneca” ospitato nel Castello di Sannicandro di Bari
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Ogni anno di più manifesta la sua straordinaria capacità di “stare sul pezzo” il Premio Accademico Internazionale di Letteratura Contemporanea “Lucius Annaeus Seneca”, organizzato dall’Accademia delle Arti e delle Scienze Filosofiche di Bari sulla scia di un’idea di Massimo Massa. L’edizione 2024 – conclusasi con la consueta, riuscitissima, manifestazione di premiazione e di attribuzione di riconoscimenti e nomine a personalità di fama internazionale per il loro impegno in campo letterario e sociale e nella diffusione dell’informazione – ha avuto il suo fil rouge nel sentimento della pace. Non poteva essere diversamente, considerati gli scenari di guerra e i conflitti in essere nei diversi continenti del pianeta.
Il Premio “Seneca” ha costruito negli anni una rete significativa di occasioni che sconfinano in settori molteplici della cultura e dell’intelletto umano. La partecipazione di studiosi e personalità rappresentative di ogni campo del sapere sono la conferma che il progetto cammina ormai spedito verso la completa realizzazione dei suoi obiettivi originali.
I filosofi Esposito e Bellantone al meeting di Rimini del 22 agosto in dialogo su cosa significhi cercare l’essenziale
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L’essenza umana è un enigma che ha affascinato filosofi, teologi e pensatori di ogni epoca. Nel Meeting di Rimini del 22 agosto, i professori Andrea Bellantone e Costantino Esposito hanno esplorato questa questione cruciale, cercando di gettare luce su ciò che rende l’uomo essenzialmente umano.
Filosofi come Lewis Mumford, Martin Heidegger e Hannah Arendt hanno enfatizzato la centralità del linguaggio e del pensiero simbolico nella comprensione della natura umana. La tecnologia e la globalizzazione hanno amplificato l’impatto delle nostre azioni, rendendo cruciale comprendere chi siamo e come ci relazioniamo al mondo. Questa ricerca non è solo accademica ma anche di auto-scoperta. Cosa ci definisce come esseri umani? Qual è il nostro scopo?
L’impatto devastante del nichilismo sulla nostra civiltà contemporanea ci spinge a cercare significato e scopo. Le domande sull’essenza umana riflettono le nostre lotte più profonde e le inquietudini riguardo alla nostra identità e al nostro posto nel cosmo.
Nel suo intervento, Bellantone, professore di Filosofia moderna e contemporanea all’Institut Catholique di Tolosa, ci invita a considerare l’architettura come specchio dell’essenza. Prende l’esempio della casa Azuma a Sumiyoshi, progettata dall’architetto Ando negli anni Settanta a Osaka. Questa casa, realizzata in cemento e priva di finestre, cela al suo interno un giardino vuoto. Questo spazio interno, secondo Ando, è “straordinario”. Ma cosa ci insegna? Secondo Bellantone, non si tratta solo di isolare l’uomo dal mondo esterno, ma piuttosto di proteggerlo da tutto ciò che impedisce un’autentica esperienza di sé stesso e della realtà. Questa “dimora interiore” richiede un rapporto spirituale con la natura, gli altri e la Trascendenza. Non è un chiudersi in sé, ma un attingere dalla luminosità del cielo, dalla pioggia e dal vento che penetrano attraverso il giardino interno.
Altri esempi che ci aiutano ad esplorare ulteriormente la relazione tra l’uomo e l’ambiente costruito, sono la Fallingwater in Pennsylvania di Frank Lloyd Wright, padrino dell’architettura organica, la Lovell Health House a Los Angeles di Richard Neutra. Jan Gehl, urbanista e architetto danese, è uno dei maggiori esponenti dell’architettura centrata sull’uomo, la cui progettazione è basata sulle relazioni umane e l’esperienza degli spazi urbani. Questo approccio pone l’uomo al centro del processo di progettazione, ottimizzando le interazioni positive tra le persone e gli edifici. Si concentra sui bisogni, i contesti, i comportamenti e le emozioni delle persone.
L’architettura centrata sull’uomo è un potente strumento per creare spazi che favoriscano relazioni autentiche. E qui si collega l’intervento di Esposito, professore di Storia della filosofia presso l’Università “A. Moro” di Bari, che ci ricorda come l’essenziale non può prescindere dall’io e dalla relazione con gli altri. La ricerca dell’essenziale non è una procedura automatica, ma un inseguimento di ciò che ci chiama e ci provoca nel mondo. Cercare significa mettersi in ascolto di ciò che ci attrae, ci sfida e ci spinge a interrogarci sul senso di noi stessi e del mondo. Come non richiamare la relazione Io-Tu di Martin Buber, concetto fondamentale per comprendere l’essenza dell’umanità: non siamo soli nel mondo, ma ci definiamo attraverso gli incontri con gli altri esseri umani. L’Io diventa significativo solo quando entra in dialogo con il Tu, quando si apre alla reciproca comprensione e al rispetto. Questa relazione non è basata sulla mera utilità o oggettivazione dell’altro, ma sulla presenza autentica e sulla condivisione reciproca.
Affinché possa esserci presenza autentica è necessaria una consapevolezza di sé stessi come individui in cerca di significato. Questo è un passaggio cruciale, poiché solo chi è consapevole di sé stesso può affrontare il dilemma dell’esistenza. Per trovare senso, dobbiamo esplorare il nostro io interiore. Questa scoperta richiede introspezione, autoconsapevolezza e il coraggio di affrontare le nostre paure e incertezze. Come ci ricorda de Saint-Exupery, l’essenziale è invisibile agli occhi, non possiamo cogliere la vera essenza delle cose e di noi stessi solo attraverso l’apparenza esteriore, ma dobbiamo andare oltre, ascoltando il cuore e creando legami autentici.
In un’epoca di continua dispersione e di informazione, di sovraccarico cognitivo che ci confonde e sfinisce, rendendo difficile prendere decisioni o elaborare tutto ciò che ci circonda, ritrovare l’essenziale richiede uno sforzo consapevole ma necessario.
Forse, proprio in questa ricerca attiva e nella relazione con gli altri, troveremo il senso profondo dell’essere umano. Non c’è una risposta universale, ma la bellezza sta nel cercare e nel creare il nostro significato unico.
Da non mancare all’appuntamento artistico presso il Circolo Unione di Lucera 1860 con la Personale Pittura sul teatro della vita del M° Giacomo De Troia, artista della cittadina federiciana apprezzato non solo a livello nazionale ma internazionale.
Le sue rappresentazioni, volutamente provocatorie, esprimono la forte volontà di denuncia di un’umanità alla deriva, frammentata dalle ipocrisie, dalla corru-zione, dal perbenismo di facciata e dalle contraddi-zioni umane. Il suo fine ultimo è quello di ricondurre ai sentieri dell’amore attraverso la presa di coscienza dei mali in cui l’individuo naviga da sempre, in ogni epoca e in ogni luogo.
Si è conclusa anche la quinta edizione del Premio di Poesia, Narrativa e Arti Visive “Ciò che Caino non sa”. Premiati tutti gli autori: voci di coraggio contro la violenza su donne e minori
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In una serata di grandi emozioni, la sala gremita e la splendida location hanno fatto da cornice alla cerimonia di premiazione del prestigioso concorso letterario Ciò che Caino non sa dedicato alla lotta contro la violenza sulle donne e sui minori. L’evento, tenutosi presso la sontuosa Sala del Tribunale di Palazzo Dogana (Provincia) a Foggia, sabato 29 giugno, ha visto la partecipazione di numerosi scrittori, attivisti e appassionati del mondo letterario, tutti uniti dall’obiettivo comune di sensibilizzare l’opinione pubblica su temi di drammatica attualità come la violenza di genere e sui minori.
La serata è stata aperta da un commovente discorso del presidente del Premio, Maria Teresa Infante La Marca – Direttrice del Dipartimento “Solidarietà e Promozione Sociale” dell’Accademia delle Arti e delle Scienze filosofiche di Bari, che ha sottolineato l’importanza di questo importante progetto educativo nato come strumento di denuncia e cambiamento sociale, per dar voce a chi non ce l’ha, per illuminare le zone d’ombra, per costruire una società più giusta e consapevole e dare un segno di speranza per tutte le donne che ancora oggi lottano per la loro dignità e libertà.