Nel XI del Paradiso Dante scrisse di Francesco «Nacque al mondo un sol/ Come fa questo talvolta di Gange./ Però chi d’esso loco fa parole./ Non dica ascesi, chè direbbe corto./ Ma Oriente, se proprio dir vuole». Cercherò di spiegare questo mio breve contributo.
Spesso siamo indotti a pensare che nella poetica del Trecento il massimo poeta “ambientalista” sia il Petrarca per via delle sue visioni “bucoliche”. Non è, invece, così perché ancora una volta Dante è il Maestro e Sommo anche nell’amore rivolto alla Natura, alla terra, perché ha, a sua volta, come suo insegnante proprio il Poverello d’Assisi e il suo Cantico, che ne fa da padrone in tutte le terzine della Commedia.
Il 25 marzo del 1300 iniziava il viaggio ultraterreno dell’Alighieri nell’aldilà (data concordata dagli studiosi) attraverso il capolavoro senza tempo della Commedia
Il 25 marzo 2021 è stata celebrata la 2° Giornata Nazionale dedicata a Dante, Padre della Nostra Lingua e Letteratura. La figura del Sommo Poeta, in realtà, è da molto tempo osannata in tutto il Mondo tanto che in ogni Stato spesso è stata inaugurata una statua con le sue fattezze come quella di Montevideo in Uruguay, le “gemelle” di Washington e New York negli USA, quella di Barcellona in Spagna o nei giardini del Collège de France di Parigi.
Illustre poeta e scrittore della letteratura italiana del secondo Novecento
Per scrivere del Trittico della Memoria di Vittorio Sereni è importante inquadrare la sua persona brevemente. Vittorio Sereni è una delle voci più rappresentative del panorama letterario novecentesco in Italia. Inquieta e irrisolta, la sua opera poetica registra i movimenti, intimi e non, che accompagnano il prepararsi del secondo conflitto mondiale, gli anni della guerra e il periodo postbellico.
BELLO, TALENTUOSO, FAMOSO amato dalle donne e stimato dagli uomini, è considerato, insieme ai grandi Leonardo e Michelangelo, uno dei più grandi artisti del Rinascimento italiano
«ILLE HIC EST RAPHAEL TIMUIT
QUO SOSPITE VINCI
RERUM MAGNA PARENS
ET MORIENTE MORI»
Tale epitaffio in latino, in cui si riassunse la grandezza artistica di Raffaello, fu scritto da Pietro Bembo per la tomba collocata ai piedi dell’edicola della Madonna del Sasso nel Pantheon, opera che lo stesso Pittore “commissionò” a un suo allievo, il Lorenzetto.