Generalmente quando si giunge a dicembre la nostra mente immediatamente corre alla figura del Cristo bambino al freddo di una stalla secondo l’immagine tramandataci da san Francesco d’Assisi il quale per primo realizzò il famoso Presepe di Greccio nel 1223. È Dio, che assume la “dimensione umana”, s’incarna per vivere alla maniera degli uomini, per compiere un viaggio nei nostri limiti e nelle nostre fragilità. Dante ci racconta di questo Dio di Amore nell’Empireo, Cielo di Luce (Pd. XXXIII), che «s’indova» (Pd. XXXIII, v.138), che entra nella nostra più profonda intimità, nel nostro cuore.
Dante e la dignità dell’essere Donna
Già a partire dall’incipit della Vita Nova comprendiamo che Dante, dal primo incontro avvenuto a soli nove anni, non guardò Beatrice come “donna angelo” od oggetto degli stilnovisti ma come “figliuola di Deo”. Dal secondo fortuito incontro avvenuto alle tre di pomeriggio e in cui la gentilissima donna per “ineffabile cortesia” salutò Dante, tanto da donargli la beatitudine, si generò nella mente del Poeta un nuovo modo di concepire la donna. Il saluto della fanciulla, insolito, improvviso e inaspettato, risultò essere gesto potente e scandaloso per i tempi.