25 marzo: Dantedì. L’immobilità di Dante

Il 25 marzo del 1300 iniziava il viaggio ultraterreno dell’Alighieri nell’aldilà (data concordata dagli studiosi) attraverso il capolavoro senza tempo della Commedia

Il 25 marzo 2021 è stata celebrata la 2° Giornata Nazionale dedicata a Dante, Padre della Nostra Lingua e Letteratura. La figura del Sommo Poeta, in realtà, è da molto tempo osannata in tutto il Mondo tanto che in ogni Stato spesso è stata inaugurata una statua con le sue fattezze come quella di Montevideo in Uruguay, le “gemelle” di Washington e New York negli USA, quella di Barcellona in Spagna o nei giardini del Collège de France di Parigi.




L’edizione del 2021 è sicuramente quella più significativa
perché cade nel settecentesimo anniversario della
morte del Sommo Poeta


Perché celebrare, dunque, Dante in questa data? Gli studiosi hanno stabilito che il 25 marzo del 1300 (Venerdì Santo) il Poeta iniziò il “cammino”, da vivente, nel mondo ultraterreno, mettendo in luce vari aspetti dell’umanità.
L’intero Mondo, dunque, per settecento anni ha camminato con Dante. Peccato che Dante non sempre abbia camminato!
Ripartiamo dal “Canto Proemiale”, quel «Nel mezzo del...» conosciuto anche dai poppanti.
Dante non scrive «io cammino» ma «mi ritrovai»: é fermo, immobile, paralizzato dalla paura! Non sa dove si trova, non sa perché è arrivato lì, non sa dove andare… di fronte a sé un intreccio di rovi e spine che non permettono alla “Luce” di passare. Dante è smarrito in quanto tutte le sue certezze (la politica, la scrittura, la vita, l’amore) sono miseramente crollate. Lui non cammina, non ha scelto il luogo: è capitato nella Selva, nel non-luogo, nel non-movimento. La Selva esiste o è uno stato da cui ripartire? Dante scrive che il “cammino è della nostra vita” ma non è il suo in quel momento, perché vivere è movimento e lui è spaventato, teme di morire, e non si muove.

Prova, con piccoli gesti quasi impercettibili a spostarsi, una gamba dopo l’altra, cerca la forza per andare verso il «dilettoso colle», che intravede offuscato quale meta, ma il «piè fermo» non risponde. Il giorno scorre inesorabile, la vita scorre inesorabile, e lui è ancora fermo. Tenta un millimetrico gesto per ritornare a vivere ma le tre fiere (la lonza, la lupa e il leone) ancora una volta lo paralizzano.
Dante ha la certezza di essere spacciato quando Virgilio, la Ragione, lo salva. «Miserere di me», “Aiutami, sto morendo!” grida al Duca e questi gli afferra la mano e lo “sposta” dalla sua condizione, lo solleva dal fondo in cui era sprofondato. Lo solleva dal basso ma non in avanti o dietro: Dante deve ancora superare lo sconcerto del momento, deve realizzare la situazione, deve comprendere che le cose accadono e che solo noi possiamo aiutarci.

Quando Dante realizza questo, solo allora ricomincia a muoversi, a vivere, seguendo la Ragione-Virgilio: «Allor si mosse, e io li tenni retro».
Il cammino, dunque, inizia quando si ha una ragione per muoversi, non prima, e Dante ne ha una importante: la resurrezione, la rinascita. Certo segue il Duca fiducioso, ma spesso tace, si ferma e riflette, abbassando la testa come nell’incontro con Francesca nel V dell’Inferno. Usa, spesso, l’atteggiamento di colui che si guarda dentro, che pondera i suoi pensieri, i suoi gesti, che entra in contatto intimo con la sua anima, con Dio. Dante è l’uomo che, intelligentemente, non fa un passo senza avere valutato i pro e i contro.

La Ragione-Virgilio gli sta insegnando proprio questo: a ponderare il suo peso, a mettere un piede “fermo” davanti all’altro. Virgilio gli sta insegnando che ogni cosa ha il suo tempo, che la realtà è imprevedibile ma se Dante sarà attento potrà «riveder le stelle».
Guardando a questi straordinari versi, ho riletto il lungo anno “statico” per cause di forza maggiore. Noi, come Dante, siamo rimasti immobili, paralizzati dalla paura, chiusi in noi stessi, incapaci di fare un lieve movimento. Il Dantedì, in Quaresima, è segno di vicinanza/somiglianza del Sommo Poeta a tutti Noi. È Dante, questa volta, che ci prende per mano e ci insegna a seguire, come fece lui, in tre giorni di viaggio ultraterreno, le orme di Cristo. Ci insegna a distruggere le nostre paure, la nostra materia, e a risorgere per mirare «l’amor che move il sole e l’altre stelle».

Posted

14 Mar 2021

Storia e cultura


Carmen Antonacci



Foto dal web





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