I fermenti risorgimentali a Paganica, paese dell’aquilano, nel Regno delle due Sicilie. Qui fu organizzata la prima “Società Segreta Carbonara” nel circondario e nel 1848 divenne una corposa realtà
.
“L’Italia è sempre la prediletta figliuola della Provvidenza; quando tutti la credevano morta o per lo meno immersa in profondo letargo, la voce di Dio la chiamò a nuova vita, la fece sorgere a grandi ed immortali destini. La sventurata dormiva ma si è risvegliata: era morta, come dicevano i suoi calunniatori, ma oggi è risuscitata.” - Giuseppe Massari
Introduzione: “AHI SERVA ITALIA”
In un momento storico soffocato dalla guerra, dalle ondate di Covid-19, dalla globalizzazione, dall’imbarbarimento mediatico, dalla liquidità sociale e dall’impero dei mercati globali, molti potrebbero giustamente chiedersi se il 17 marzo 2022, esattamente 161 anni dopo la proclamazione del Regno d’Italia, può avere ancora senso celebrare l’Unità e lo spirito nazionale italiano. Nonostante le attuali mode dissacranti io credo ancora, e molto fortemente, in questo spirito, come credo ancora nel sacro dovere civico di omaggiare la Madre Italia e la sua Unità, ogni anno sempre più palesemente ignorata e disconosciuta.
La democrazia in rotta di collisione
Purtroppo non è più sufficiente denunciare semplicemente il degrado socio-culturale italiano in atto, ovvero attendere passivamente un qualche magnanimo Legislatore rousseauiano che possa riportare la democrazia in rotta di collisione sui suoi veri “binari” sostanziali ed emancipanti. La speranza è, sì, l’ultima a morire, ma rischia di morire davvero se alla retorica e alla poesia del “ius est ars boni et aequi” non vi sia concreta e razionale applicazione. Questo 161° anniversario dell’Unità d’Italia ci sta offrendo, forse, una delle ultime opportunità: quella di cogliere un insegnamento storico che per ciascuno di noi dovrebbe essere punto di partenza per la creazione di una rinnovata identità civica.
L’assolutismo si nutre di passività civica
Anche se gli accaduti storici portarono il Regno d’Italia ad essere dominato da un nuovo ceto liberal-borghese, che nei fatti creò uno Stato monoclasse ancora molto lontano dalla liberal-democrazia, è pur vero che lo Stato liberale fu base imprescindibile e prodromica della futura democrazia pluralista. Se in ogni cruciale epoca storica i potenziali attori di rivoluzioni (borghesi o proletarie che siano) avessero semplicemente sperato che “le cose potessero migliorare” senza davvero unirsi e combattere, per quale motivo i sovrani dell’ Ancien Régime avrebbero dovuto rinunciare in parte o in toto alle loro prerogative assolutistiche e all’assunto per cui lo Stato e il popolo sono loro esclusive proprietà? E se l’Unità d’Italia si fosse basata solamente su ideali romantici e non anche pratici, senza ombra di dubbio i Borboni avrebbero continuato a concedere finte Costituzioni volte a lenire gli animi, per poi abrogarle subito dopo e quindi proseguire indisturbati nella repressione dei sediziosi. È proprio a questo ultimo punto che si lega la storia della mia famiglia.
Marc Bloch ha dedicato grande interesse e attenzione al fenomeno delle false notizie che si propagavano tra i soldati durante i periodi di guerra, individuandone, in particolare, il fulcro e i congegni di diffusione.
Con un colpo ardito che il più audace sperimentatore non avrebbe mai osato sognare, la censura, cancellando i secoli passati, riportò il soldato che stava al fronte ai mezzi di informazione e allo stato d’animo delle età antiche, prima del giornale, prima del foglio di notizie stampato, prima del libro.
(Marc Bloch, Riflessioni di uno storico sulle false notizie di guerra)
Eugène Ysaÿe (Liegi, 16 luglio 1858 – Bruxelles, 12 maggio 1931) compositore, violinista e direttore d’orchesta belga. Dallo stile musicale profondamente legato al senso della cultura e della vita, fu uno dei musicisti più grandi della storia della musica
Uno sguardo pieno, definito, avvolgente: è lo sguardo violinistico di Eugène Ysaÿe che novanta anni fa tornava lì dove la musica è nata, come diceva Bach. Ysaÿe, “il re del violino”, un virtuoso, un compositore, un didatta, un direttore d’orchestra, uno dei musicisti più grandi e unici della Storia della musica e dell’uomo, che riesce con la sua musica a conferire pienezza all’animo dell’interprete e dell’ascoltatore, a offrirgli un nutrimento raro e a donargli una passione naturale e “fisiologica”.
Omaggio di Andrea Petricca alla danzatrice divina. Divina ed eterna. Icona e regina della danza, Carla Fracci, la grande ètoile della Scala, ha ballato sui palchi più importanti del mondo.
Carla Fracci, all’anagrafe Carolina, da nubecola celeste è divenuta in vita nubecola terrestre come scriveva Eugenio Montale, il quale dedicò alla ballerina “divina” una poesia dai versi armoniosi e danzanti. Come dall’iperuranio di Platone, l’uomo nasce dal cielo per farsi vita e corpo in terra e poi tornare nella luce del tutto. Anche Carla ha seguito serenamente, come lei stessa sosteneva, con tenacia, determinazione, disciplina e costanza questo percorso caduco ed eterno.