Eugène Ysaÿe, le roi du violon

Eugène Ysaÿe (Liegi, 16 luglio 1858 – Bruxelles, 12 maggio 1931) compositore, violinista e direttore d’orchesta belga. Dallo stile musicale profondamente legato al senso della cultura e della vita, fu uno dei musicisti più grandi della storia della musica

Uno sguardo pieno, definito, avvolgente: è lo sguardo violinistico di Eugène Ysaÿe che novanta anni fa tornava lì dove la musica è nata, come diceva Bach. Ysaÿe, “il re del violino”, un virtuoso, un compositore, un didatta, un direttore d’orchestra, uno dei musicisti più grandi e unici della Storia della musica e dell’uomo, che riesce con la sua musica a conferire pienezza all’animo dell’interprete e dell’ascoltatore, a offrirgli un nutrimento raro e a donargli una passione naturale e “fisiologica”.

Basta guardare semplicemente le nitide foto del violinista belga per trarre il gusto e lo stile delle sue composizioni: un portamento stabile ed equilibrato, fonte di un’armonia limata al cesello e di tonalità che rispecchiano le tinte ricercate di un quadro di Joaquin Sorolla; capelli ondeggiati e giacca vellutata che diventano morbidezza e sinuosità musicale.

Ma di Eugène si può cogliere questa sinuosità danzante anche in un rarissimo frammento di video in cui il violinista suona la sua Ballade mostrando nell’esecuzione movimenti tecnici straordinariamente perfetti in ogni senso, dal punto di vista violinistico, visivo e concettuale.
Questa armoniosa elasticità esecutiva e tecnica veicolata dalla mente, dal corpo e in extremis dalle mani e dalle dita, rende Eugène l’espressione più consapevole di una calda e versatile luce di bellezza. Ascoltare poi Ysaÿe nelle rare incisioni sopravvissute ad un secolo di storia commuove e completa in maniera sublime il corpus violinistico e umano del violinista belga.

Le Six sonates pour violon seul, naturali affluenti dell’eterno e universale fiume divino, rappresentato dai Sei solo à violino di J.S. Bach (che Ysaÿe stesso cita nelle sue Six sonates), donano una virtuosa pienezza musicale elegante e consapevole, spesso velata, ma sapientemente icastica e ironica.

Le Six sonates, dedicate a sei grandi violinisti del Novecento (Szigeti, Thibaud, Enescu, Kreisler, Crickboom e Quiroga), si interpolano in contesti vivi e idilliaci tra una danse des ombres e una danse rustique, o in virtuosistici accenti tra il rigoroso Obsession bachiano e la carnale e seducente habanera spagnola della Sonata No. 6, o anche nei contrasti creati da vorticosi vuoti e delicate luci pastorali tra Les furies, le Harmonies du soir e l’Aurore che silenziosamente sussurra le giovani luci del risveglio custodite in suoni di rugiada; si tratta di un patrimonio violinistico immenso e innovativo che Ysaÿe razionalizzò in meticolose indicazioni tecniche ed interpretative.

Eugène è come un cielo sereno, ma ricco di benefiche nuvole che lo rendono unico, artistico, sempre da interpretare; la musica di Ysaÿe è l’essenza di un bosco che filtra attraverso foglie e rami la calda luce estiva tra la freschezza del muschio e una serenità appassionata ed elegiaca.
Eugène può essere forse definito come una commistione tra un’Extase e un Rêve d’Enfant: una gioia, un trasporto nel profondo del mondo sensibile che si unisce ad un’aura di Malinconia nel ricordo di una giocosa infanzia, forse quella di un “fanciullino” che si sentiva naturalmente e incondizionatamente parte di un tutto, di una natura creatrice di vita, di bellezza e di felicità.

Ed è di questa vita appassionata che Ysaÿe vuole reinventare un significato vero e lucente, armonico come nei vigorosi Concerti per violino, che sono in tutto otto, un numero che fonde il quadrato (la terra, l’uomo, una danza carnale, rustica e profonda) e il cerchio (l’Universo, Bach, l’Aurore, l’infinito).







Forse è questa la ricerca artistica e umana che Ysaÿe compie con il suo violino in tempo giusto e con bravura, donando ispirazione e concreto benessere spirituale, un Exil interiore ma cosciente. Il suo temperamento è un Poème élégiaque o forse un’opera caratteristica, magari in lingua vallona, come fu il Piére li houyeû, ultimo atto in terra della musica di Ysaÿe.
Come evidenziava Menuhin, che a sette anni fece una lezione con Ysaÿe, Eugène è stato, come i più grandi musicisti della Storia, una persona di immenso valore prima ancora che un immenso violinista, un uomo “completo”, uno tra i più grandi e ultimi eroi romantici del violino dall’intima generosità artistica.

Un innovatore della tecnica violinistica che ha sempre umilmente guardato ai suoi contemporanei e ai giganti del passato, un didatta che ha curato e coltivato la crescita artistica dei suoi allievi come parte integrante e fondamentale del suo essere violinista, un interprete, un compositore e un direttore d’orchestra poliedrico in cui lo stile musicale era profondamente legato al senso della cultura e della vita: tutto questo è stato Eugène Ysaÿe che continua ancora oggi a donare verità e bellezza nelle tonalità e nelle armonie mutevoli del nostro tempo.

Il violinista belga, con una dolce cavata filosofica, come quella ricercata nel suo Ysaÿe Quartet, suona eternamente sul suo Guarneri del Gesù del 1740, il suo preferito rispetto allo Stradivari Hercule del 1734, rievocando i silenzi di un’Aurore che già sorge come timida e bellissima Venere nella piena e rinnovata luce del giorno.

Posted

14 Jul 2021

Attualità e tendenze


Andrea Petricca



Foto dal web





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