L’etimologia del nome della città in ebraico significherebbe «Casa del pane»
Notoriamente Betlemme significa “paese del pane” e questo ci rimanda al corpo di Gesù nel rito della Messa. Come tutti i significati della religione cattolica, ma anche di altre in contesti culturali diversi, si riprendono antiche simbologie, centrali nella vita delle società antiche.
Per la sua natura, il canto popolare è anonimo: non ha mai un autore identificato; ovvero non
è legato alla personalità di un popolo, ma ereditato da antiche tradizioni pagane
Parlare di “canti popolari” è errato. I canti del popolo infatti, non erano mai creati da uno in particolare, ma ereditati da antiche tradizioni pagane; ecco perché è più corretto definirli “canti tradizionali”. Generalmente sono canti d’amore, tema preferito dagli antichi sacerdoti pagani, che seguivano i miti e i riti di Afrodite-Venere, di Dioniso e di tantissimi altri dei che erano legati alla reli-gione dell’amore.
I canti sacri pagani erano dedicati ai matrimoni, agli amori tra uomo e donna, finanche al rovinoso distacco della coppia durante il funerale, quando la consorte salutava il proprio amore con un canto funebre.
La maggioranza degli adulti ricorda le biglie della propria infanzia, quando un’intera reputazione poteva essere guadagnata o persa
a seconda dell’abilità di tiro
Tempi addietro, i ragazzini si impegnavano in un gioco che piaceva molto: ‘O càcce, e consisteva nel cercare di far entrare una biglia nel “caccio”, una piccola buca scavata nel terreno. Chi ci riusciva, veniva nominato “cacciatore” e si divertiva a “bocciare”, con una particolare modalità di tiro, gli “allievotti” (passeri appena nati), cioè quelli che non erano ancora andati in buca e quindi non ancora “cacciatori”.
“Bocciare” un avversario, significava acquisire le sue biglie.
Mario Delli Muti di San Giovanni Rotondo, mi ha raccontato che nella zona del “Calderoso” (“Lu Calevarùse”), tra San Giovanni Rotondo e San Marco in Lamis, aveva visto e provato a suonare un “tri-flauto”, ovvero un flauto a “tre flauti” collegati tra di loro con altrettante astine.
Si tratta di un flauto ternario che ci ricorda l’essere ternario di Madre Terra-Luna.
Quando la musica curava l’anima, tra storia, tradizioni e religione, invocando “San Paolo delle tarante"
Il fenomeno del Tarantismo, e di conseguenza la tradizione della tarantella, risale all’antica Grecia che si alimentava dalla cultura hyksos (ittita), cretese, fenicia, cananea e anatolica, una mescolanza di civiltà che non ci consente di risalire con esattezza alle sue origini. Il ferreo ordinamento della società greca creava disadattati, ovvero persone che avevano problemi ad inquadrarsi nelle regole coercitive e tradizionali; per loro lo Stato metteva a disposizione una struttura che aveva il compito di aiutarli purché non interferisse con la rigida organizzazione sociale.
Un rituale del grano tra arte, devozione e ringraziamenti
Abbiamo scritto, in articoli pubblicati di recente, sulla sacralità dell’aratro e la magia del setaccio. In antichità tuttavia, anche tutto ciò che riguardava la coltivazione del grano era sacro e per questo veniva adorato il dio Grano-Sole.
Il Grano non era una semplice rappresentazione del Sole, ma tutto ciò che il Sole Notturno (Dioniso) e il Sole diurno (Apollo) potevano dare all’uomo sia come cibo che come mistero religioso. Madre Terra, che collaborava facendo germogliare, crescere e maturare il Grano, era Demetra la quale, nelle sembianze di Core e Persefone, aveva donato agli uomini non solo il Grano, ma anche i Misteri per poter risorgere e diventare un dio.
In tempi lontani era consuetudine per contadini, carrettieri o chiunque avesse un cavallo, trovare al mattino presto qualcuno con le trecce alla criniera o, più raramente, alla coda.
Non poteva essere sciolta o tagliata perché, da credenza popolare, era stata fatta dall’Uria, lo spirito protettore della casa, che lo aveva scelto come preferito (in altre tradizioni si parla di streghe e scazzamurelli che abbellivano il cavallo in quel modo).