Benvenuta Monika. La tua storia mi è molto cara, perché entrambe abbiamo lasciato la nostra terra di origine per il Bel Paese. Sei nata nella calorosa e accogliente Ungheria, una nazione flagellata in passato da numerosi "turbamenti politici". Quali sentimenti nutri e quali sono i ricordi che legano la tua memoria ai drammi della tua Patria?
Cara Izabella, ti ringrazio della tua intervista. Sono onorata.
Sono nata a Miskolc ed ho vissuto fino a diciotto anni con i miei genitori; dopo il liceo musicale-artistico, mi sono trasferita a Budapest dove ho iniziato gli studi di canto lirico al Conservatorio di Santo Stefano.
Sono stati anni importanti per la mia formazione musicale e Budapest è una città meravigliosa, colta, vivace, piena di musica. Durante i miei anni di studio, ho partecipato a numerosi concerti, iniziando dalla gavetta: a ventun’anni ho debuttato in Rigoletto al Teatro dell’Opera Erkel come Paggio, accanto ai grandi cantanti del teatro. Ero la più piccola, ciò nonostante, alla prova generale, ho invece cantato Gilda dalla buca d’orchestra, perchè la cantante era malata.
Ho avuto un’infanzia bella e tranquilla e sono cresciuta in una famiglia semplice che mi ha amato molto. La musica da sempre è stata presente nella nostra vita; mia madre aveva una voce bellissima, era un soprano di coloratura che cantava nel coro, mentre mio padre suonava il sassofono.
Ero felice. Sono sempre stata una persona positiva e solare. Mi piace trasmettere emozioni attraverso il mio canto e aiutare le persona bisognose. Faccio tanti concerti di beneficenza sia come cantante che come pianista ma anche in qualità di docente con i miei allievi.
Com’è iniziata la tua grande avventura nel mondo del canto lirico? È stata una passione influenzata dalla famiglia oppure è nata in modo spontaneo dal tuo “sentire interiore”?
Adoravo la musica fin da bambina. All’inizio suonavo il piano ma poi, a nove anni, sono stata scelta dalla mia maestra di musica della scuola elementare per cantare davanti a seicento docenti, in occasione di una commemorazione della città, ed ho superato la prova, appassionandomi così al palcoscenico. All’età di diciasette anni ho iniziato a prendere lezioni di canto, mentre frequentavo ancora il liceo, girando tutta l’Europa con il coro femminile per concerti e concorsi internazionali. Ne sono conseguite tante soddisfazioni e successi.
I miei genitori mi hanno sempre sostenuta fin da piccola, ed io sono sempre stata molto determinata: quando tornavo tardi a casa dopo le lezioni di musica, andavo subito al teatro oppure alla Filarmonica a sentire i concerti oppure mi impegnavo nelle prove. Avevo bisogno della musica, faceva parte del mio DNA.
Sei un docente di canto masterclass in molti Paesi europei tra cui Belgio, Lussemburgo, Ungheria e Italia. Secondo te, esistono differenze sostanziali nell’insegnamento tra queste nazioni? In Italia l’arte sprofonda nelle gravi difficoltà causate dai problemi sia economici che logistici e per questo la giovane generazione si allontana sempre di più dalla musica classica e dal canto lirico: vedi ancora un futuro e una possibilità di crescita per questo prezioso ma trascurato settore artistico?
Nell’insegnamento del canto esiste solamente una tecnica: quella giusta. La tecnica è un mezzo, poi devi aggiungere la voce, la musicalità e lo studio.
Ci sono tanti talenti nel campo della lirica ma purtroppo non basta solo la voce, bisogna avere intelligenza, cultura e musicalità, tanta perseveranza e studio. Al giorno d’oggi, i giovani cantanti non hanno pazienza, vogliono fare subito carriera, che invece va costruita pian piano, “step by step!” Ci vuole tempo per fare la gavetta, bisogna scegliere bene il proprio repertorio e non consumare subito la voce con ruoli troppo pesanti.
Purtroppo la musica classica appartiene ad un pubblico ristretto.
Spero ci saranno sempre più i giovani desiderosi di avvicinarsi alla musica classica e alla lirica. Da ventisette anni tengo corsi propedeutici proprio per far crescere i piccoli, avvicinarli alla musica, aprire loro il mondo meraviglioso e magico della musica. Credo in questa missione.
È un periodo davvero difficile per la musica classica, una crisi mondiale con la conseguente chiusura di teatri, auditorium e scuole di musica. Non ci sono più fondi ed è sempre più faticoso andare avanti in questo campo, ma bisogna continuare a crederci!
Quali sono le tue più belle esperienze artistiche come solista e, al contrario, qual è il ricordo più amaro? Ti sei mai sentita a disagio sul palcoscenico? Come combatti la “tremarella da prestazione” dal vivo?
Ho tantissimi bei ricordi delle recite e dei Festival nei quali cantavo. Tutti i concerti sono importanti per me, che sia davanti ad un pubblico di 2000 persone oppure solo di 100. Noi cantanti e musicisti dobbiamo essere sempre preparati e dare il meglio ad ogni tipo di concerto.
Ho un bruttissimo ricordo di una tournée in Israele: mi ero ammalata, nonostante ciò ho dovuto cantare Bach con 39 di febbre. Fu molto faticoso ma ce la feci... ero molto debole e alla fine sono praticamente svenuta in camerino. Quando sono scesa dall’aereo mi hanno portato in ospedale, avevo una bronco-polmonite che mi ha costretto a fermarmi per un mese, davvero terribile per me.
Sei una vera diva e hai avuto la possibilità di esibirti nei più prestigiosi teatri in Austria, Polonia, Ungheria, Slovenia, Germania, Francia, Croazia, Israele, Romania e, ovviamente, in Italia, al Teatro alla Scala. Quale tra le cornici teatrali appena menzionate ti ha dato la soddisfazione più grande e dove hai trovato il calore del pubblico più sincero e contagioso? La presenza degli ascoltatori nella sala da concerto ti immobilizza oppure stimola e “ti dona le ali?”
Ahahah, no. Non sono una diva, sono solo una cantante lirica e una concertista. Per me la musica è essenziale, non è un lavoro: è la mia vita.
Adoro il pubblico, mi dà energia, desidero che il mio canto arrivi al cuore della gente. Mi piaceva il teatro, però ho deciso di fare la concertista e credo sia stata la scelta giusta. Il concerto per me più importante l’ho tenuto quando avevo solo diciotto anni, la Messa di Schubert in Sol maggiore con i solisti del Teatro dell’Opera di Budapest, l’orchestra e il coro. Un concerto straordinario, tenuto nella nostra meravigliosa Chiesa di Mattia di Budapest davanti al Premier Ungherese, al Primo Ministro e molte altre personalità: fu una grande emozione per me. Ho un ricordo stupendo del Festival di Osijek in Croazia, dove feci la prima esecuzione europea di una Messa di John Rutter; fu talmente ben riuscito che la gente non voleva andarsene.
A diciannove anni ho interpretato i Carmina Burana con 400 coristi e 200 orchestrali all’Arena di Budapest. Era il mio cavallo di battaglia. Sono dei ricordi meravigliosi.
Credo che un po’ di adrenalina sia necessaria prima del concerto, è un’emozione sana: quando vedo che il pubblico reagisce bene alla mia performance, mi dà una carica enorme.
Nel mondo di oggi, lacerato dalla migrazione dei popoli, dalle guerre e dalle disuguaglianze economiche, infestato dallo sfruttamento e dal crescente, purtroppo, odio razziale e religioso, c’è ancora posto per l’Arte e per il canto lirico? Quale ruolo possono svolgere l’istruzione e l’educazione musicale nella società digitalizzata e, purtroppo, ignorante?
Stiamo vivendo un periodo difficile, la società sta cambiando. Mi fa paura questo mondo a volte davvero crudele con tanta ingiustizia. Non abbiamo tempo per soffermarci un attimo e ascoltare le persone.
Dobbiamo andare avanti fiduciosi, non arrenderci mai! L’arte è una grandissima risorsa per il nostro animo, la musica è importante per l’umanità, è essenziale, aiuta a superare un lutto, esprimere gioia, felicità, tristezza. Se le persone andassero ai concerti a sentire delle belle musiche, il mondo sarebbe migliore.
Quando ascolto certe musiche, come La Seconda Sinfonia di Mahler, il solo del contralto Urlicht mi dà pace interiore. Oppure Rachmaninov e i suoi concerti per pianoforte, oppure Franz Liszt: La Sinfonia Dante la parte del Paradiso, ti porta in un’altra dimensione, abbellisce i cuori.
L’artista viene spesso deriso, non apprezzato e visto come "un relitto paleozoico" vivente. Come docente di canto lirico, cosa fai per coltivare e salvaguardare nei giovani la dedizione all’arte e per tenere sempre acceso l’entusiasmo? Ti piace insegnare?
Si, mi piace insegnare! Credo che sia fondamentale far avvicinare i bambini alla musica. Vengo dal paese di Kodàly, il grande maestro, l’educatore ungherese che sosteneva che la musica dovrebbe far parte alla nostra vita. Il suo metodo di insegnamento prevede l’esposizione alla musica sin dalla tenera età, il suo scopo era di insegnare la musica a scuola in modo tale che non fosse una tortura per gli studenti, bensì una gioia. (...)