Torneremo a guardare il mare, edito da Oceano Edizioni 2021, è il suo penultimo libro, pubblicato nel marzo 2021. Come mai ha voluto specificare nel titolo Pensieri riversi, posizione fetale
Perché nel sottotitolo è la genesi dell’intero volume, simbolicamente ne rappresenta la nascita.
La posizione fetale è una posa di raccoglimento, si assume durante il sonno quasi a voler cercare riparo in se stessi, racchiudendo il corpo in un abbraccio, a tutela dall’esterno, è un richiamo all’istinto primordiale, un ritorno al grembo materno in cui ci si sente al sicuro.
Torneremo a guardare il mareè il risultato delle mille e svariate condizioni interiori che mi hanno attraversata durante le lunghe notti del periodo travagliato che (tuttora) stiamo vivendo, tra il lockdown e le pause di sperata/disperata ricerca di normalità. Sensazioni oscillanti, in contrasto tra loro, andare su e giù in uno stato di ansia e preoccupazione, ribellione e rifiuto della realtà. Scrivendo mi estraniavo attraverso monologhi intimi, dissacranti e all’apparenza illogici (libertà dagli schemi mentali), ironici e dolorosi e davo il volo al pensiero che non voleva saperne di dormire e si riparava dai rumori, dagli schiamazzi in posizione fetale, in attesa dell’alba che schiarisse le tenebre. Dormire sarebbe stato togliere vita all’esistenza, già così poca.
Quale motivo l’ha spinta a pubblicarlo. È un volume molto particolare. Cosa voleva comunicare o condividere con i suoi lettori?
Se avessi programmato la pubblicazione forse il libro non sarebbe ciò che in effetti è. Un riversare di getto – prosa poetica intervallata da poesie contestualizzate – genuino, viscerale in cui l’unico scopo era svuotarmi dal surplus di emozioni per tutelare il mio angolo di serenità, con la mente già oltre ciò che stavo vivendo, orientata verso la luce di nuovi giorni. Ancora una volta scrivere mi ha salvata, con una buona dose di autoironia, conducendomi altrove in un’altalena di ricordi e progetti in cui man mano mi accorgevo di essermi riappropriata della mia parte migliore e della spiritualità sopita. Una presa di coscienza che mi ha spinta alla decisione di condividere il mio equilibrio ritrovato grazie alla forza e alla potenza dell’amore, bene prezioso quasi in estinzione, l’unica ancora di salvezza. Sono così riemersa dalla solitudine, pur rimanendo solitaria, sperando in un dialogo sentimentale con il lettore. “Amore e forza” cantò Antonacci in un suo testo, sottoscrivo. Senza amore nessun vaccino sarà mai efficace, nulla attecchisce dove regna il deserto. E la pubblicazione nasce con la speranza di veicolare l’intima convinzione a cui sono giunta: “imparare” l’amore e coltivarlo.
Da quando ha iniziato la sua carriera di poetessa e scrittrice (data precisa) ha avuto tantissimi riconoscimenti, per citarne alcuni: Premi della critica; Premio Books for Peace, Roma 2018; Premio Lupo 2016; Premio Internazionale Il Convivio 2018; Premio N. Zingarelli 2016 e per tre anni consecutivi riceve dall’Accademia Italia in Arte nel Mondo – Art and Human Rights “L’Alto riconoscimento per la poesia e la letteratura” (2019), L’Alto Riconoscimento “Il pensatore” (2020), L’Alto Riconoscimento Speciale “Marco Pacuvio”(2022)
Non esiste un inizio databile, carta, penna e libri erano i miei giochi preferiti. È stata un’evoluzione naturale, di pari passo con la crescita e la maturazione. Scrivere mi appartiene. Sarebbe come chiedermi “Perché bevi?” “Perché ho sete.” La poesia è sopraggiunta successivamente alla prosa, offrendomi la possibilità di districarmi dalla timidezza di fondo e dalle paure, un atto di liberazione. Venire allo scoperto è altra cosa, un atto di coraggio quando nel 2012 pubblico la prima silloge. Oggi sono alla mia undicesima pubblicazione personale e sei antologie AA.VV di cui sono ideatrice e curatrice
Lei è molto impegnata nel sociale ed è sempre al fianco delle donne; è un’attenta critica a tutto quello che ruota intorno alle donne e al loro universo. Per quale motivo?
Uno su tutti, mi fa orrore la violenza, in qualunque forma si manifesti, che sia fisica, psicologica o aggressione verbale; è l’espressione del male e il male mi fa paura, degrada l’uomo spogliandolo di umanità e dignità. Non capirò mai le guerre, l’odio, la cattiveria soprattutto quando è rivolta alle persone più fragili e indifese, quando è gratuita e meschina nel voler prevaricare il diritto a esistere, a vivere. La violenza contro le donne, i bambini e aggiungo gli anziani è un atto spregevole e criminale, meritevole di condanna unanime e dovrebbe essere perseguibile con pene dure e severe. Non comprendo il male ma ancor meno comprendo l’indifferenza e l’omertà, la superficialità con cui si accetta qualcosa che sembra ovvia o inevitabile. Parliamo di femminicidio ogni giorno quasi fosse normale quotidianità e affondiamo la forchetta nel piatto con noncuranza sapendo che esistono migliaia di bambini che muoiono di fame ogni giorno o che vengono stuprati e venduti per fini squallidi e vergognosi. Come è possibile tollerarlo? “Se questo è un uomo” io non sono una donna.
Dopo la tragica esperienza del Covid – 19, come vede il suo futuro?
È ciò che spero di essere riuscita a comunicare con Torneremo a guardare il mare. Il mio futuro è contromano, non allineato con la realtà in cui vivo. Non amo le costrizioni, gli obblighi, i soprusi, le dipendenze, i ricatti morali. Le discriminazioni; anche queste sono forme di violenza alla persona. Mi sento sola ma paradossalmente sto bene, sono serena, forse più di quando mi credevo in compagnia. Sto imparando a conoscermi e ho compreso che gli altri sono più soli di me, ma non ne sono consapevoli. Stare bene con se stessi è fondamentale, il mondo può andare dove vuole, io continuerò a seguire la mia strada, ad ascoltarmi. Sono entrata in simbiosi con le bellezze della natura, più mi mancavano più le amavo. Amo il mare, i boschi, le campagne, il sole il cielo, amo scrivere, leggere, studiare. Vedo un futuro solitario racchiusa nel mio piccolo ma coeso nucleo familiare e pochi veri amici e me ne deriva benessere. Un’orchestra è tale quando gli strumenti musicali suonano all’unisono, creando melodie, se ognuno suona per proprio conto ne vengono fuori schiamazzi.
Quale consiglio può donare alle nuove generazioni, che si affacciano alla vita in questo momento così drammatico?
Credo che i consigli servano poco – soprattutto ai giovanissimi – possono essere scambiati per imposizioni, piuttosto è fondamentale il dialogo, l’ho sperimentato da madre con i miei due figli. I ragazzi sono recettivi, contrariamente a quanto crediamo. Se vogliamo aiutarli dobbiamo renderli individui sicuri, responsabili offrendo gli strumenti necessari affinché nel corso della loro vita possano giungere, autonomamente, a scelte e conclusioni dettati dalle proprie necessità. Non bisogna porgere il sapere preconfezionato, potremmo generare uomini infelici, che non hanno seguito i loro bisogni. Sviluppare il pensiero critico aiuta a non essere dipendenti, a superare di volta in volta l’imprevisto, l’ostacolo sulla strada. Per questo l’unica cosa che mi sentirei di dire è di porsi sempre degli obiettivi, avere davanti a sé sogni e progetti e impegnarsi per realizzarli. Dobbiamo restare accesi, sintonizzati sulla bellezza dell’esistenza, sorretti dalla potenza delle emozioni e dall’amore, rigettando sentimenti negativi che non portano a nulla se non al malessere interiore.
Questo momento storico non è semplice, assisteremo a tanti cambiamenti, siamo a cavalli tra due mondi, per questo bisogna prepararsi ad affrontare nuove situazioni con la consapevolezza che anche il bicchiere mezzo pieno può dissetare. Poi ne avremo ancora piene le cantine, è lì che bisogna volgeree lo sguardo, a ciò che saremo dopo e operare per essere migliori (di ciò che oggi siamo)