Da un frammento di Eraclito: “...i molti son nulla e solo i pochi hanno valore”, traggo spunto per affermare che sono le minoranze “silenziose” a ridersela sulla mascherata di tanto impettita poesia da Supermarket, omologata e omogeneizzata, cioè banalizzata, come accade per i prodotti di consumo o sui social affollati di insulsa poesia…
Zinna, “poeta silenzioso”, osserva e seziona con le lame bene affilate del suo pensiero, vanificando o esaltando ciò che c’è da vanificare o da esaltare, da valorizzare. Il suo osservatorio, intrigante e nascosto, è la sua stessa discrezione. In apparenza astratto dalla realtà circostante, capta con infaticabili antenne a 360°.
Perciò, la sua è soprattutto poesia di sfumature, pur nella accattivante discorsività; è poesia che all’apparenza, ove quelle sfuma-ture sfuggissero, sembra volare bassa, ma in realtà sfiora le quote alte del pensiero poetico, dimensionando sempre le cose in rapporto − insistiamo sulla metafora − terra-spazio. Zinna non è mai dentro alle cose che osserva, ne è sempre distaccatamente fuori.
(Giovanni Occhipinti)
Poeta antilirico, discorsivo, esplicito, Zinna è latore di un pensiero forte (anche dove commerci con il dubbio), temprato sull’osservazione diretta, tignosa.
Non contempla persone poetiche che lo rappresentino, né prosodie cui adeguarsi. Non teme di sottomettere il verso al tour de force di una meditazione complessa.
Questa procedura, che è già cifra distintiva, sedimenta poi, con una parsimonia che ne moltiplica il valore, i suoi privilegi: e saranno sorprendenti metafore visive, auditive, voci culte o aulicismi impartiti con la degnazione di un vescovo stanco del suo latino, fino al salto all’indietro che riconduce il fulmine della sinestesia al suo chimismo, ma, soprattutto, le rare tregue, i corsivi che declinano il “sottovoce” consacrato al pudore dei sentimenti, dei ricordi riposti. Qui il poeta raggiunge, si può dire senza averla cercata, la linea di confine, il luogo in cui il lavorio della mente si riconosce in preghiera.
(Antonio Pane)
Lucio Zinna è nato a Mazara del Vallo (Trapani) nel 1938, si è poi trasferito giovanissimo a Palermo e dal 2007 vive a Bagheria.
Numerose le sue pubblicazioni tra raccolte di poesie e libri di narrativa. Nel campo della saggistica è autore di numerosi interventi critici, prevalentemente dedicati ad autori siciliani del Novecento, pubblicati in atti di convegni e riviste specializzate o quali introduzioni storico-critiche in curatele di opere, alcuni dei quali confluiti nei volumi La parola e l’isola, Opere e figure del Novecento letterario siciliano (2006) e Lettere siciliane(2019).
Ha curato la riedizione delle opere narrative di Virgilio Titone (2 voll., Palermo 1998-1999) e di Raffaele Poidomani (Milano, 2004), nel quadro della pubblicazione dell’opera omnia dei due autori siciliani.
Ha curato altresì la sezione Sicilia in “Dialect Poetry of Southern Italy”, a cura di L. Bonaffini (New York, 1997) e in “Una tragedia senza poeta”.
Con le opere pubblicate ha vinto diversi premi letterari. Gli sono stati conferiti vari premi alla carriera. Nel 1985 gli è stato attribuito il Premio della Cultura della Presidenza del Consiglio dei Ministri.
È stato redattore capo del mensile di lettere e arti “Sintesi” (1977-1983), condirettore del periodico di poesia, critica e semiologia “Estuario” (1979-1981) e della rivista mediterranea di letteratura “Arenaria” (1984-1996); ha diretto la collana di volumi collettanei “Arenaria / Ragguagli di letteratura contemporanea” (2007-2011). Molti critici hanno scritto sulla sua opera letteraria.