“Lungi dall’essere la lingua siciliana della koinè, la sua appare piuttosto la trascrizione, quasi magnetofonica, del modo di esprimersi di altri “primitivi” in senso verghiano gravitanti nell’isola, non dalle parti di Acitrezza nel secolo XIX, bensì nello sperduto angolo di mondo che è la sua contrada e sul declinare del secolo XX. Dal 1980, De Vita imprende a lavorare attorno a una sorta di “romanzo in versi” (Lucio Zinna)
Poeta e scrittore in linua siciliana. È riconosciuto come una delle voci poetiche più interessanti e rigorose della letteratura contemporanea.
Nel 1996, per la opera poetica, gli è stato assegnato il premio “Alberto Moravia”; nel 2009, il premio “Tarquinia-Cardarelli”, nel 2012 il premio “Ignazio Buttitta”, nel 2017 il Bronzo dorato all’Arte poetica - Animavì - Cinema d’animazione e arte poetica.
Dentro le sue poesie, ci sono gli uomini e le loro storie, il silenzio, le pene, i palpiti, ci sono la lingua e le storie della sua Cutusio, che sanno parlare al mondo.
La sua poesia è sorprendente. È insieme antica e modernissima, si ciba di un dialetto in uso, e forse neppure più tanto, in un territorio geograficamente piuttosto limitato e riesce a farsi intendere ben al di fuori dei confini nazionali, proprio perché paradossalmente utilizza una lingua poetica vicina ad esperienze culturali di respiro europeo.
È una poesia che si sofferma sui grandi temi dell’esistenza, innanzitutto del nulla che ci è intorno e condiziona ogni nostra azione, ma lo fa senza esibire nessuna filosofia, anzi scegliendo che siano personaggi marginali a dire la loro idea sul mondo, protagonisti di eventi minimi, di storie apparentemente insignificanti. Le vicende che la poesia di De Vita presenta restano come sospese, sono brandelli che penzolano sull’animo del lettore, come se fossero appunto aggredite all’improvviso da una mancanza di senso, dal vuoto che senza tregua si riprende il suo posto. Si tratta di piccoli racconti in versi, di segmenti narrativi, nei quali lo svolgimento della vicenda viene spesso presentato attraverso l’espediente del dialogo. (Giuseppe Grattacaso)