Ho letto con attenzione e interesse questi scritti dell’amico Gino Sales, raccolti sotto il titolo di Frammenti. Essi si propongono di essere non solo un Diario degli eventi principali della sua vita e dei pensieri che lungo il corso del tempo l’hanno attraversata, ma costituiscono soprattutto il riflesso e lo specchio della sua interiorità, che ha come filo conduttore non tanto la precarietà della sua esistenza quanto la continuità nell’affermazione e fedeltà ad alcuni Valori fondamentali del vivere, come l’onestà, la sincerità e l’aiuto come dovere dello spirito a chi si trova nel bisogno, la sensibilità verso tutto ciò che sa di buono e di bello.
Sostanzialmente il presente lavoro si articola in tre grandi parti: i Racconti (in numero di 51), la raccolta di poesie Il Tuo silenzio (n° 40) e liriche varie (n°24).
Nei Racconti emerge chiaramente la descrizione accorata e sofferta della realtà contadina del Sud come vissuta alla fine degli anni ’40 e ’50 del secolo scorso: umiliazioni, necessità di sfamare la numerosa prole, accettazione di sacrifici di ogni genere in vista di un eventuale riscatto, la miseria materiale che costringe a piegare la schiena anche dinanzi ai soprusi. Sembra di veder echeggiare il grido dei Vinti del Verga, dei diseredati del catanese Luigi Capuana, dei cafoni del Cristo si è fermato a Eboli del torinese Carlo Levi, di Uno si distrae al bivio del poeta lucano Rocco Scotellaro o quello delle Terre del Sacramento dello scrittore molisano Francesco Jovine: una civiltà rurale ormai estinta eppure una volta così ricca di umanità, di vivacità e di solidarietà. Un tozzo di pane veniva allora diviso in fraternità con gli altri poveri e il dolore di uno (e allora se ne contavano tanti!) diventava condivisione profonda da parte di tutti: ogni cosa veniva così scritta e come stampata nella mente e nel cuore di tutti ed entrava a far parte della memoria personale e collettiva di una comunità.
Gino Sales con la sua raffinata sensibilità visita questi luoghi dell’animo suo e di quello degli altri e lo fa con quel delicato sentire che sa fermarsi però alla soglia del pudore. Il tutto è offerto con precisione descrittiva tanto attuale che sembra come essersi verificato ieri. Alcuni di questi passaggi vitali sono stati per lui dolorosi come in Epifania tragica (la scomparsa del primogenito), altri venati di nostalgia struggente come in Racconti Capracottesi quando era boy scout, altri di sentimenti tenui come ne Il Generale e l’Angelo, altri ancora di sincera partecipazione affettiva (il ricordo dei genitori, dei nonni e dei nipoti), altri infine di genuina generosità (l’Avvocato, Pierpaolo…).
Tutto questo quadro è un affresco dell’animo di Gino, ricco di curiosità storiche, sia della micro che della macro Storia, ma anche, e forse soprattutto, dell’amore per la Natura, le piante e il giardinaggio: non a caso si definisce “Uomo delle caverne”, cioè semplice nel dare e spontaneo nel chiedere.
Egli è fiero del suo passato, perché è grazie a esso che si è costruito con passaggi anche duri il personale futuro: il vivere, purtroppo, spesso è anche questo. Da qui la diffusa malinconia per l’eco ancora gioiosa della transumanza, il belare corale delle pecore nella masseria di Torre dei Giunchi, il silenzio e il chiacchiericcio dei compagni di lavoro, ma anche per la voce talora dispotica dei padroni o dei massari e il sostare a dormire sotto il sole rovente nelle giornate d’estate.
Nelle poesie, in molti versi, peraltro di una gradevole scorrevolezza, vengono associati pensieri e immagini che sanno di limpida chiarezza e di una creatività molto suggestiva, una sorta di Autobiografia in parole accostate sapientemente con semantica accuratezza nell’alludere al sogno di un mondo diverso disegnato nella bontà e diretto soprattutto alla esaltazione dei palpiti del cuore. È vero che afferma Quando sarò stanco, Alla fine si è soli, però in Ti prego non ridere sottolinea “Il mio cuore (è) senza età” come anche “Arde un mistero nell’Universo. L’amore”.
Le domande del cuore, di quei sentimenti primordiali cioè del richiamo agli affetti spontanei della gente comune, sono sempre predominanti nel nostro Gino, perché tutta la sua infanzia è stata come marcata dalla filigrana della prova, della sofferenza e dell’esempio che i suoi genitori con il loro apparente rassegnato silenzio gli hanno trasmesso con coerente saggezza. Molto commovente è la poesia dedicata al piccolo Malik, il bambino che cercava la libertà e la vita, ma ha trovato invece la morte mentre veniva spinto dalle onde del mare solo a un approdo sulla sponda della libertà, ma non al suo pieno godimento: un simbolo e un rimprovero per i tanti egoismi dei nostri tempi!
La sua dedizione al lavoro nella Banca con i molti pericoli cui è andato incontro (tentativi di rapine…), l’attenzione agli altri nei loro momenti di necessità in vista di una mano di sollievo, il desiderio di vedere ricompattato l’edificio originario della sua famiglia (lui figlio primogenito) rendono questo insieme di scritti sia in prosa che in versi un viaggiare molto godibile, immediato nella sua espressività, abbellito da un linguaggio fluido e appropriato che, pur nella sua modernità, rinvia molto alle antiche reminiscenze classiche dell’Autore. Ci troviamo quindi dinanzi a squarci di coscienza comunicati con serena leggerezza, pulizia verbale ed elegante incisività, io aggiungerei con lo sguardo innocente di un fanciullo. D’altronde ogni vita è una storia a sé che, pur sempre originale, quando viene offerta con affettuoso e composto riserbo è sempre un regalo da accogliere con rispettosa e riconoscente gratitudine. È il mistero del Sé di un nonno donato con tenerezza alla memoria dei suoi amati nipoti perché non solo si ricordino, ma sappiano confrontarsi nella loro libera esistenza con un’altra vita e quindi comprenderne meglio la bellezza irripetibile del mosaico del vivere.
Le numerose foto allegate allo scritto formano quel coro di voci, che, venendo da un lontano passato, intendono parlare ancora al presente invitando a edificare un futuro di pace e di tranquilla e luminosa convivenza su questo pianeta, dove un giorno è nato il miracolo della Vita.