La guerra in Ucraina mi ha spinto a scrivere questo articolo anche se la mia cultura biblica non è così approfondita da poter dibattere esaustivamente sull’argomento: Comunque, ho cercato di immergermi nello spirito testamentario il più possibile. Così, dalla lettura dell’Apocalisse di Giovanni (“La Sacra Bibbia”, CEI - Il Nuovo Testamento, Apocalisse di Giovanni) ho tratto delle considerazioni eminentemente politiche in un periodo in cui la politica, sia a livello italiano che mondiale, sembra essere in preda a venti di tempesta con nuovi temibili focolai di guerra che si sono aperti anche nel cuore della stessa Europa.
Ma che cosa rappresenta per noi, cittadini del mondo alle soglie del terzo millennio, l’Apocalisse e quale messaggio universale traiamo da essa? Siamo veramente sospesi su un baratro senza poterci appellare alla salvezza, inermi spettatori, incapaci di fronteggiare le sfide che l’inizio del nuovo millennio ci ha posto dinanzi?
Siamo forse ignavi alla stregua di quei peccatori da Dante collocati, nel Canto III della Divina Commedia, all’inferno, perché incapaci di agire né a fin bene né di male? Incapaci, cioè, di esprimere le nostre idee, adeguandoci così alla massa e appoggiando il più forte per convenienza? Ci ritroviamo qui a dibattere un’annosa questione che ci vede spesso perdenti di fronte alla storia, dimentichi dei sacrifici dei nostri predecessori, pensatori e grandi uomini del passato. Dimentichi, a volte, persino della Shoah che pare riproporsi in chiave diversa anche attraverso l’atteggiamento di taluni che dileggiano questo periodo doloroso della storia. Alla luce di una rilettura dell’Apocalisse, ripercorrendo le tappe della visione di Giovanni, rapito in estasi mentre era nell’isola di Patmos e incaricato di portare un messaggio agli uomini di buona volontà, ecco che la visione che l’angelo a lui dischiude sembra anticipatoria di tutti i conflitti, guerre, pestilenze che gli uomini stessi abitualmente si procurano.
Nell’estasi e davanti alla visione dell’Agnello divino, Gesù Cristo, in mezzo a sette candelabri che simboleggiano le sette Chiese, emergono tutte le contraddizioni umane: il ravvedersi, come richiesto dal Signore, eliminando i falsi idoli, rendendosi conto dell’effimera condizione umana. Così come nel discorso alle sette Chiese: a Efeso, a Smirne, a Pèrgamo, a Tiàtira, a Sardi, a Filadèlfia e a Laodicèa, simbolicamente rappresentate da sette candelabri d'oro, si evidenzia l’analisi di una situazione critica che pare colpisca il mondo fin dai secoli passati. La bramosia del potere e dei soldi, unitamente ai vizi capitali, rappresenta la chiave di lettura per comprendere l’innata difficoltà dell’uomo ad ergersi sopra i beni materiali per guardare alla vera felicità che può venire solo dall’aspirazione al sommo bene spirituale. Il potere corrotto, espressione della compiacenza umana nell’osannare i falsi idoli, ed il cattivo governo pongono gli esseri umani nell’infima condizione di schiavitù coatta verso i potenti.
I tempi moderni, purtroppo, sono più che mai afflitti da questa piaga che, retaggio del passato, richiama alla mente tanti episodi e figure storicamente di alto spessore morale e civile. Mi vien fatto di pensare al sacrificio di uomini come Gandhi, Nelson Mandela, Martin Luther King, Maria Teresa di Calcutta e tanti santi torturati e uccisi per le loro idee. Le idee di pace e libertà, di democrazia e condivisione di uguali valori non sono appannaggio di quanti sono schiavi dei bisogni materiali e della paura, ma di pochi eletti capaci di mettere loro stessi al servizio degli altri, del bene comune, anche a costo di rinunciare a piaceri ed onori.
Cristo, quindi, rappresenta nell’Apocalisse il vero crocevia del pensiero che si sostanzia poi nell’azione quotidiana, nel fare concreto. Oggi che la politica segue vie impervie nell’approssimativa ricerca di equilibri di poltrone e non di effettiva partecipazione alla vita del popolo, appare ancora più attuale il messaggio dell’Apocalisse. Così come, nel ciclo di affreschi sull’ “Allegoria ed Effetti del Buono e del Cattivo Governo” di Ambrogio Lorenzetti (Palazzo Pubblico di Siena,1338-1339), si ha una chiara visione di come nel secondo caso (Cattivo Governo) sia stato rappresentato il demonio all’apice di un sistema corrotto e demagogico. Il cittadino ne paga le conseguenze tanto più che, avulso da qualsiasi ruolo decisionale, si trova ad essere la vittima di un meccanismo iniquo, a volte innescato persino da lui stesso attraverso una scorretta votazione o assenza di partecipazione al voto, con conseguenze spesso devastanti.
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Il ruolo di un Dio vendicativo, così come emerge dalle pagine dell’Apocalisse di Giovanni, segue la scia degli episodi biblici, ma in chiave di redenzione per quanti siano, dopo essere stati messi alla prova, risultati incorruttibili, scevri dalla bramosia del potere temporale, elevati spiritualmente verso il bene supremo. Ecco come dalle pestilenze, pene e castighi inflitti dall’Agnello di Dio all’uomo, dopo aver spezzato i sette sigilli del Libro Sacro, si evince come i non pentiti siano destinati alla seconda definitiva morte, quella dell’anima.
Così appare Cristo il Redentore, ossia colui che risolleverà le sorti del mondo nel giudizio finale. Accanto a lui, la figura emblematica della Vergine Maria si staglia in tutta la sua smagliante bellezza, coronata dalle virtù, sullo scenario scintillante di un cielo in cui il Dragone vorrebbe distruggere la sua missione, ossia quella di dare alla luce il figlio di Dio. Se dall’Apocalisse nasce un messaggio al mondo di oggi, credo di rinvenirlo nella potenza distruttiva che il mondo, ancor prima dei castighi divini, si sta autoinfliggendo e nella mistica visione della Gerusalemme rinata dalle ceneri dei suoi peccati e di quelli, per antonomasia di Sodoma e Gomorra, ma ancor più di Babilonia. Quest’ultima sembra il simbolo della globalizzazione con la sua torre e l’incomprensione tra gli uomini a causa di razze, culture e lingue diverse. Lo stesso simbolismo della Bestia e della prostituta, ricoperta di ori e gemme, che siede su sette colline nel deserto, ci indica una sola strada: l’inutilità dell’accumulo di ricchezze e beni, apparentemente forieri di felicità, ma in verità simboli effimeri di una vita materiale passeggera.
Di fronte all’eternità, il monito che si evince tra lo sterminio delle nazioni e il trionfo della Gerusalemme messianica, è che il materialismo contingente, anche come allegoria politica del reale, serve solo ad illudere gli uomini nel breve arco temporale della vita. Soltanto chi crede nei valori eterni, nel Verbo che è Alfa ed Omega (Primo ed Ultimo, principio e fine), farà parte della schiera dei beati, ovvero di coloro che mangeranno frutti dell'albero della vita. Tutti gli altri che praticano la menzogna non avranno diritto al Regno dei Cieli!
Mi fermo qui, partendo da una chiave allegorica, trae il significato più recondito e rispondente ai nostri tempi: l’inizio di un cambiamento per il nostro mondo malato. Si spera che questo avvenga prima che la nemesi storica prenda il sopravvento su tutti noi e ci condanni all’unisono a marcire in un mondo da noi stessi reso meno sostenibile ed umano.