Il XX secolo ha sconvolto gli equilibri naturali e sociali millenari, producendo notevoli mutamenti nelle coscienze e nei comportamenti umani. Nasce un modo radicalmente diverso di interpretare il mondo e di rappresentarlo, anche artisticamente, a partire dalla poesia, che non si è sottratta a questa rivoluzione.
Se all’inizio del secolo scorso l’esigenza di cambiamento e interpretazione del tempo, venne rappresentato a livello letterario, principalmente dal Futurismo, oggi, a mio parere, il Realismo Terminale ha l’autorevolezza e i giusti strumenti di comprensione di questa epoca ingarbugliata. Per forza maggiore sarà all’interno del grande spazio espressivo del Realismo Terminale che si giocherà una partita decisiva.
Nel secolo scorso, in letteratura, il Futurismo ebbe due poli diametralmente opposti, l’uno situato in Filippo Tommaso Marinetti suo fondatore, l’altro in Vladimir Majakovskij, massimo rappresentante del Futurismo russo. Distanti anni luci su principi etici, politici e culturali, rappresentarono il loro tempo, accomunati da una parola, un concetto di fondo:la velocità, nella sua globalità. Analogamente accadrà qualcosa di simile al Realismo Terminale. Navigando nella complessità del tempo (Cit. di Guido Oldani): ognuno è Realista Terminale a modo proprio, è vero che (è sempre Oldani ad affermarlo) è più probabile che oggi un poeta sia un ragazzo che lavora in un call center piuttosto che un letterato ufficiale.
Sicuramente intorno ad accatastamento e similitudine rovesciata, parole chiave su cui Oldani crea il Realismo Terminale, c’è tutto un mondo da costruire, ognuno con i propri strumenti, etica e formazione. A mio parere, anche la poesia civile dovrà trovare la sua collocazione, il giusto bypass comunicativo al problematico tema dell’appartenenza, nel suo significato più intimo e alto, in un’era ancora tutta da comprendere. Nel secolo scorso Italo Calvino, nelle Città invisibili, fa il paragone fra “la città e la macchina”, evidenziando quanto fosse pertinente e fuorviante il paragone stesso, dato che la macchina è creata per una specifica funzione, mentre le città sono i risultati di adattamenti successivi a funzioni diverse. Oggi si potrebbe dire che nel paragone fra l’uomo e la natura con l’oggetto, i realisti terminali dovranno fare i conti con un confronto che sarà anche in questo caso pertinente e fuorviante. D’altra parte, come ci ricorda Giuseppe Langella, altro rappresentante del Realismo Terminale e suo critico valente, è questo il mondo con cui dobbiamo confrontarci, non abbiamo altro e non possiamo tornare indietro perchè la sfida del secolo.
Credo che chiunque si accosti al Realismo Terminale debba portare con se questa lezione, questo tavolaccio messo al guado fra un secolo e l’altro. All’interno di un nuovo paradigma in cui si gioca la partita dell’etico/non etico, ognuno prenderà la propria strada ed il proprio spazio. Probabilmente accadrà, come già nel Futurismo, che il Realismo Terminale si dividerà in due percorsi. Il tempo e il corso della storia saranno testimoni di questa avvincente avventura.