L'ulivo un computer sempreverde

Penelope e Ulisse avevano in comune il segreto del letto nunziale, intagliato e costruito su un antico ulivo; intorno a questo, Ulisse costruì la loro casa in pietra, facendo sì che attraverso un oggetto costruito con le proprie mani, ma ancorato su un albero con radici potenti, si potesse tessere il loro patto e la loro storia. Penelope stessa, abilmente, temporeggia per vent’anni sul suo telaio, perché sa che ogni cosa ha un tempo e un luogo e tutti e due sanno che solo attraverso patti potenti e indissolubili si può dare un senso alla propria vita.

Simbolicamente, possiamo dire che l’ulivo funge da perno su cui la storia del mondo si è compiuta. Anche nei nostri giorni, forse, varrebbe la pena soffermarsi a pensare che solo attraverso patti di rispetto fra uomo, ambiente e le massicce forme d’intervento che spesso si risolvono in accatastamenti selvaggi (vedi megalopoli) si può dare un senso e un luogo al nostro tempo. Oggi sappiamo che l’ulivo (come tutto in natura) è un magnifico computer, che fedelmente, in ogni suo componente adempie ad un compito di tutela della pianta stessa. Le foglie dell’ulivo sono come tanti byte che nell’architettura del computer sono l’unità di misura della capacità di memoria.

Il byte è formato da otto bit, ogni bit codifica un unico carattere. Curiosamente anche in chimica, attraverso la regola dell’ottetto, si enuncia che quando un atomo possiede il livello elettronico esterno completo, costituito da otto elettroni, si ritrova in una condizione di particolare stabilità ed equilibrio. Se mettiamo l’immagine di un ulivo accanto alla foto di una megalopoli, consapevoli che l’accatastamento di una città e una pianta di ulivo sono la stessa cosa e che ogni singola foglia-persona, è un piccolo byte di memoria fondamentale per la sopravvivenza dell’ulivo-città diventa più semplice capire che non basta andare avanti con la tecnologia, ci vogliono dei patti indissolubili, fra noi, l’ambiente e le architetture su cui interveniamo.

Abbiamo costruito un mondo pieno di oggetti e dispositivi, ma ne abbiamo dimenticato la motivazione, ed è così che gli oggetti ci hanno prevaricato e ci governano. Eppure basterebbe guardarsi intorno, per capire che siamo diventati analfabeti nei confronti di noi stessi e della realtà intorno a noi. Ammassiamo insensatamente tutto sotto un grande ombrello che ha un raggio illusorio di controllo, dimenticando che basta un colpo di vento per spazzare via ogni cosa.
Disconoscendo il patto di equilibrio e stabilità fra noi, l’ambiente e la tecnologia, abbiamo tradito la vita, poiché la vita ha bisogno di atti di fedeltà, patti indissolubili, maturazione del tempo ed equilibrio. Questo lo sa l’ulivo e le sue foglie, lo sa la chimica, lo sanno i computer, esattamente come lo sapevano Ulisse, Penelope ed Omero. Noi siamo rimasti indietro, intenti a costruire giocattoli che ci rappresentano e di cui abbiamo perso il foglio di istruzione.
Il Realismo Terminale, nella sua poetica, parla di questo: un mondo impazzito e stipato, privato delle istruzioni per l’uso.

Posted

24 Nov 2020

Realismo terminale


Taniuska - Tania di Malta



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