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Di Maurizio Costanzo, appena scomparso il 24 febbraio, resta la sua attività poliedrica come giornalista, conduttore televisivo e radiofonico, accademico, scrittore e sceneggiatore nella capacità di fare della parola un mezzo per promuovere i cambiamenti di comportamenti socio-culturali al fine di eliminare pregiudizi.
Nei suoi salotti televisivi, gli ospiti provenienti da diverse e spesso opposte realtà, venivano stimolati nella capacità di riflettere e ragionare con una particolare tecnica d’intervista, che ricorda la maieutica socratica, tramite opportune interruzioni. Costanzo, infatti, con le allusioni, intramezzando il discorso, riusciva a lasciare sospese delle affermazioni per dare voce all’interlocutore o all’uditorio degli spettatori. Come un confessore laico non emetteva sentenze ma con indulgenza si lasciva trasportare empaticamente dall’ “altro”.
Il suo pensiero, tuttavia, si esprime in modo esplicito, organico e ben argomentato nei vari e pregiati scritti, dove offre al lettore uno spaccato della politica, delle tradizioni e dei costumi degli italiani confrontati con l’Europa e il mondo.
Nato a Pescina, in Abruzzo, Silone è stato uno dei pochi superstiti della propria famiglia, distrutta dal terribile terremoto del 13 gennaio del 1915, che colpì la Marsica; accolto come orfano da Don Orione insieme a molti altri bambini e ragazzi, ci ha lasciato una testimonianza preziosa per conoscere l’uomo e il santo
La crisi odierna della letteratura, che perde interesse alla scrittura sostituita dalla comunicazione mediatica, allontana i giovani dalla riflessione profonda sull’essere esistenziale di ognuno di noi immerso nel vissuto del proprio territorio. In ogni tempo, in ogni luogo, raccontare una storia, un ricordo, un sogno, se stessi in relazione con la realtà antropica e geografica del proprio paese, significa dar vita ad un insostituibile legame tra noi e gli altri.
Un saggio di Romolo Liberale nelle riflessioni di Maria Assunta Oddi per l’anniversario della sua nascita
Nell’omaggiare, Romolo Liberale, scrittore e poeta, nell’anniversario della sua nascita avvenuta a San Benedetto dei Marsi il 1 febbraio 1922, mi piace ricordare il suo rapporto con il conterraneo Ignazio Silone per aver condiviso il desiderio di un avvenire per i “cafoni” del Fucino liberato dall’ingiustizia e fecondo di nuovi sogni e di libertà.
Del resto vi è correlazione tra l’opera siloniana e il grande movimento contadino che negli anni 1950-51 portò alla liberazione dall’oppressione del Principe Alessandro Torlonia.
IN FOTO: Maria Teresa Rubeis, moglie del pittore Cesare Borsa, con l’Assessore Mauro Petricca e, al centro, la scrittrice Maria Assunta Oddi
La Società Operaia di Mutuo Soccorso, nel contesto della Maratona natalizia di beneficenza Telethon Italia, ha allestito, presso la propria sede in viale Duca Degli Abruzzi, da sabato 11 al 17 dicembre, la personale dell’artista Cesare Borsa. Di lui e della sua pregiata opera pittorica, hanno scritto intellettuali della Marsica come Vittoriano Esposito, Angelo Melchiorre, Ugo Maria Palanza, Giovanni Pagani, Antonio De Angelis, Giuseppe Buccella, Sergio Mazzei, Mario Guidotti e Gina Basso mettendo in risalto l’amore per la sua terra.
Il giornalismo come sostenitore della libertà di espressione nelle società democratiche
Il 15 settembre si è celebrata la Giornata Internazionale della De-mocrazia dedicata alla libertà di espressione e di stampa, fonda-mentali per la costruzione di un’opinione pubblica consape-vole dei suoi diritti e interessata alla gestione dello Stato per il “Bene Comune”.
Storie e memorie del prosciugamento del Lago Fucino: una delle maggiori opere di ingegneria idraulica mai realizzate in Italia viene raccontata dalle mille voci che intorno al lago vissero o lavorarono, lo venerarono come fluido dio o lo prosciugarono fino all’ultima goccia
La Cooperativa teatrale Lanciavicchio, nell’ambito degli eventi estivi, ha messo in scena uno spettacolo itinerante nel centro storico di Luco dei Marsi nella giornata del 15 luglio.
L’architettura dei luoghi, unica nella Marsica, per la sua particolare struttura urbana, costituita da vicoli scoscesi sulle rive antiche del lago, ha creato suggestive “Stanze” di parole, suoni e luci suscitando sensazioni tramite l’evocazione di antiche memorie. “Rue” gradinate, sporti e piazzette hanno costituito un suggestivo scenario affacciato sulla piana del Fucino per il racconto della nostra storia coinvolgendo artisti e fruitori in un orizzonte ermeneutico. Pertanto l’ellissi drammatica si è armonizzata perfettamente con l’ellissi narrativa consentendo allo spettatore la condivisione del palcoscenico.
Undici racconti scritti con penna delicata e appassionata del marsicano Roberto Cipollone. Undici storie che parlano di paesi e lontananze, di città e ritorni, di cure e passioni. Undici sguardi su mondi reali e immaginari e sull'umanità varia che è in grado di popolarli
Gli undici racconti contenuti nel libro di Roberto Cipolloni, con sensibilità poetica, costituiscono la sua “autobiografia” più intima rivelandoci con umiltà i piccoli grandi misteri della vita. La narrazione dei suoi stati d’animo si dipana davanti al fruitore scorrevole ed empatica per farsi guida alla scoperta di quelle verità semplici ma assolute che non sempre siamo in grado di cogliere. Certamente l’autore condividerebbe la frase di T.S. Eliot: “Fare le cose utili, dire le cose coraggiose, contemplare le cose belle: ecco quanto basta per la vita di un uomo”.
Sono centinaia di milioni i bambini coinvolti. Una piaga, ricordata da Francesco all’Angelus.
L’Unicef: abbiamo il potere di cambiare le cose
Una settimana intensa di riflessioni quella caratterizzata dalla ricorrenza della giornata mondiale contro il lavoro minorile, dall’appello del Presidente Mattarella e dal Pontefice Francesco all’eliminazione della piaga dello sfruttamento dei ragazzi e, infine, dalla “Relazione al Parlamento” tenuta, nella giornata del 14 giugno, dall’autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza, presso la Sala Capitolare Minerva, da Carla Garlatti.
Matteo Lancini, durante l’incontro, leggendo la lettera agli adolescenti, evidenzia come il profitto, l’individualismo, il bisogno insopprimibile di visibilità nella società globale metta in evidenza l’emergenza educativa.
Il 23 maggio 2022 si è celebrato il 30esimo anniversario della strage di Capaci, l’attentato in cui morì il magistrato Giovanni Falcone. La mafia chiuse i conti e cambiò il corso della storia
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Il 23 maggio del 1992, un’esplosione sull’autostrada che collega l’aeroporto di Punta Raisi con Palermo, provocò la morte del giudice Giovanni Falcone, della moglie Francesca Morvillo e di tre poliziotti della scorta, Antonio Montinaro, Vito Schifani e Rocco Dicillo. Due mesi dopo, il 19 luglio, fu la volta di Paolo Borsellino dilaniato con i suoi agenti davanti alla casa della madre. Nel trentennale dell’eccidio non è possibile restare indifferenti al ricordo della commozione di quei tragici giorni vissuti nella disperazione non solo dai superstiti e dai familiari delle vittime ma da tutti gli uomini e le donne che considerano fondamentale vivere in uno Stato di diritto.
Si è svolta domenica 24 aprile, vigilia della Festa della Liberazione, la Marcia Perugia Assisi della pace e della fraternità. Papa Francesco “Fermatevi! La guerra è una follia”.
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La marcia della pace e della fratellanza è un giorno di scuola che, come laboratorio di cittadinanza attiva, si veste dei colori dell’arcobaleno per educare i giovani alla solidarietà tra i popoli. Il primo principio del preambolo alla Costituzione dell’UNESCO “Poiché le guerre cominciano nella mente degli uomini, è nella mente degli uomini che le difese della pace devono essere costruite” pone, in un mondo che cambia, l’emergenza educativa nella logica interculturale.
Contro l’etnocentrismo, che consiste nella tendenza a mettere al centro la propria identità sopravvalutandola e magari assolutizzandola, è necessario far apprezzare la diversità culturale come valore arricchente, in un rapporto di interscambio e d’interazione reciproca.
La pandemia e ora la guerra in Ucraina hanno generato un disagio esistenziale drammaticamente doloroso. Tuttavia questa tragedia collettiva che stiamo vivendo può offrire un motivo per riflettere sulle priorità soppesando il valore specifico di ogni cosa. Una di queste è senza dubbio la scuola. La lontananza dalle aule e la virtualità dell’esperienza didattica, solo in parte attenuata dalla Dad, hanno messo in rilievo che la scuola, prima di essere informazione nozionistica, è soprattutto relazione e condivisione di responsabilità tra coetanei. Al di là dei saperi disciplinari, pur essenziali per l’acquisizione di competenze, è necessario che la scuola sia in grado di offrire a ciascun studente occasioni di crescita umana significativa sia a livello emozionale che sociale.
Quando l'amore è un'opportunità in più per amare, amarsi e lasciarsi amare
In questo tempo di emergenza pandemica parlare d’amore rappresenta la voglia di riguadagnarsi una possibilità di relazioni significative, scavando a mani nude nella roccia del pregiudizio e dell’egoismo.
Soli siamo incompleti - è stato scritto - ecco perché si cerca un’altra anima. Ogni tempo e ogni popolo narra il bisogno insopprimibile d’amore.
Prendendo spunto dal testo teatrale "Dio e Stephen Hawking" scritto da Robin Hawdon, regia di Alessandro Gassman
Prima del 19 giugno del 2012, quando assistetti alla commedia Dio e Stephen Hawking dall’umorismo sottile ma dai risvolti satirici inquietanti, non avevo mai considerato la valenza esistenziale e umana dell’opera scientifica del fisico nato ottanta anni fa a Oxford nel Regno Unito.
Il testo teatrale scritto da Robin Hawdon con ideazione e Regia di Alessandro Gassman, avvolto nelle immagini originali di Simona Gandola, portò in scena la grande forza evocativa di due grandi attori, Emanuele Maria Bosso e Sergio Meogrossi, nostro amato conterraneo.