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Di Maurizio Costanzo, appena scomparso il 24 febbraio, resta la sua attività poliedrica come giornalista, conduttore televisivo e radiofonico, accademico, scrittore e sceneggiatore nella capacità di fare della parola un mezzo per promuovere i cambiamenti di comportamenti socio-culturali al fine di eliminare pregiudizi.
Nei suoi salotti televisivi, gli ospiti provenienti da diverse e spesso opposte realtà, venivano stimolati nella capacità di riflettere e ragionare con una particolare tecnica d’intervista, che ricorda la maieutica socratica, tramite opportune interruzioni. Costanzo, infatti, con le allusioni, intramezzando il discorso, riusciva a lasciare sospese delle affermazioni per dare voce all’interlocutore o all’uditorio degli spettatori. Come un confessore laico non emetteva sentenze ma con indulgenza si lasciva trasportare empaticamente dall’ “altro”.
Il suo pensiero, tuttavia, si esprime in modo esplicito, organico e ben argomentato nei vari e pregiati scritti, dove offre al lettore uno spaccato della politica, delle tradizioni e dei costumi degli italiani confrontati con l’Europa e il mondo.
Tra i vari argomenti trattati certamente gli era cara la condizione femminile nella promozione del superamento della differenza di genere in una relazione basata sull’affetto e il rispetto: “Devo alle donne della mia vita lo stimolo ad andare avanti, l’entusiasmo del cominciare e quello, ancora più gustoso, del rincominciare. Ho bisogno, se non di una musa, di uno sprone, di un’ispirazione”. Nel testo Un paese anormale scritto con la collaborazione di Francesca Falconieri, Maurizio, nel capitolo titolato Uomini e donne, mostra la persistenza di una concezione gerarchica nella relazione intesa ancora come possesso e dominio della donna da parte di molti uomini. Rileva, infatti, come nella nostra società contemporanea vi sia un aumento dell’aggressività a livello verbale e fisico, concreto e virtuale, verso le donne ma avverte anche dei cambiamenti che rivendicano gesti di libertà e di autonomia. La crescita economica, culturale ed emotiva delle donne offre strumenti per la parità tra uomini e donne con la rimozione degli stereotipi che esasperano il ruolo maschile e la discriminazione di genere. Costanzo, che ha intervistato scrittrici, artiste, cantanti, attrici non ha mai taciuto sulla sofferenza di donne sconfitte dal pregiudizio di un mondo maschilista. La sua narrazione sintetica e oggettiva presenta, con il rigore dei fatti, la variegata condizione femminile dando dignità alle protagoniste in un susseguirsi di storie:
“Una ragazza di sedici anni è costretta a sposare l’uomo che l’ha violentata, e da cui avrà un figlio; Livia vive in una casa-rifugio a distanza di sicurezza dagli uomini; Rosanna ha dovuto fare i conti con l’esperienza dolorosa di una duplice interruzione spontanea di gravidanza e soprattutto con la reazione distaccata e fredda di suo marito, quasi che “la cosa non lo riguardasse”; Biagio, fuori casa, con gli amici e con le donne che corteggia, è allegro mentre la moglie si lamenta ma non fa nulla per cambiare la situazione: sogna.”
Poi arriva la donna femminista e Costanzo cambia profilo facendo il ritratto di donne battagliere, dalle mille risorse che hanno saputo con la forza della loro personalità raggiungere i livelli più alti del potere politico, accademico ed economico, contribuendo al progresso del Paese.
Al termine della sua indagine Costanzo non fa delle statiche considerazioni, né rimane legato alle statistiche e ai sondaggi, ma riesce a costruire lo spazio libero per il lettore, proprio come fa la poesia ermetica che toglie dall’ultimo verso il punto fermo lasciando le conclusioni al fruitore, con una domanda: “Vi siete accorti che le donne si comportano come in passato si comportavano gli uomini? E’ un discorso lungo. Sarà per un’altra volta”.
Ora che Costanzo non è più fra noi, abbiamo il dovere morale di rispondere alla sua lettera aperta con ulteriori riflessioni per onorare il suo lavoro non solo intellettuale ma sentimentale, del resto era un romantico che si misurava con la complessa sfera dei sentimenti: “Non amo essere considerato un maestro (…) ma ascoltare gli altri (…) e cercare di essere presenti anche emotivamente, non solo con la testa”. Sarò un romantico, ma per me il dono più bello che ho ricevuto dalla vita è di avere incontrato Maria e di essere rimasto con lei tutti questi anni. Noi festeggiamo ogni giorno per la fortuna che entrambi abbiamo avuto (…) Io e Maria siamo una sola forza e ci regaliamo energia a vicenda (…) Le dissi, tu sei la donna nella mano della quale vorrei morire”.
Forse desiderava che la donna, liberata dai lacci dell’asservimento maschile, conservasse il dono della femminilità intesa come ricchezza e potenziale accrescimento del valore della dignità dell’essere umano nella sua totalità. Forse il suo grande merito non è quello di aver rilevato il cambiamento degli uomini e delle donne ma nel suo interesse nello stimolare la capacità di riflettere e ragionare sull’emotività, sui sentimenti e sull’affettività intesa come specificità del genere umano.
Sono convinta che Maurizio avrebbe condiviso l’idea che l’abruzzese, Ennio Flaiano, amico che considerò sempre punto di riferimento della sua vita pubblica e privata, espresse sulla donna: “Essere donna? Ognuno di noi, oggi deve indifferentemente essere donna e uomo. I ruoli si sono accavallati, fusi, scambiati. E’ essere femmina a fare la differenza. Ma è cosa molto privata”.