Alla presenza di un pubblico attento e numeroso è stata inaugurata, dall’Amministrazione comunale di Luco dei Marsi e dal Presidente dell’Associazione culturale “Lucus”, per celebrare la festa del Primo maggio, la mostra degli Acquerellisti romani titolata “Lavoro-diritti e pace”.
La festa del lavoro non è una festa qualunque, è la festa della dignità e ognuno di noi ha il diritto di festeggiarla con le mani che profumano di lavoro. Come diceva Gianni Rodari nella poesia Gli odori dei mestieri “solo le mani dei fannulloni non sanno di nulla”.
Contadini, operai, fornai sono tutti piccoli operatori del quotidiano che contribuiscono, tramite il loro duro e umile lavoro, al mantenimento e al progresso della società. Se la poesia di Primo Levi La chiave a stella rende l’immagine di un lavoro operaio che si fa universale, Ignazio Silone in Fontamara nobilita i “cafoni” del Fucino finalmente liberati dal Principe-padrone. Anche l’impegno inteso come disciplina e abitudine al lavoro intellettuale e fisico contribuisce al progresso della collettività con un sano sviluppo delle arti e della scienza: “Chi lavora con le sue mani, la sua testa e il suo cuore è un’artista” (San Francesco D’Assisi). Affinché il lavoro non sia “disumanizzante” deve coinvolgere la persona nella sua integralità tramite il respiro creativo dell’artista che costruisce un mondo dove l’interiorità del suo animo rielabora la realtà esterna dando ad essa un “senso”.
L’arte, pertanto, si fa portavoce di una civiltà che alla logica “usa e getta” del relativismo culturale che alimenta l’indifferenza verso l’ambiente e le persone, contrappone una laboriosità che presuppone una relazione tra l’essere umano e l’altro da sé. La cura della Terra e dell’umanità non potrà passare, dunque, se non dalla rivalutazione, a livello personale e sociale, politico ed economico, religioso e laico, della dignità dei lavoratori e del lavoro per tutti, perché l’assistenzialismo può essere solo un rimedio provvisorio all’emergenza della povertà. In questo senso si può riscoprire il grande contributo che l’attività imprenditoriale può offrire nella prospettiva di creare nuovi posti di lavoro per produrre ricchezza e progresso e finalizzata al bene comune nella pace e nell’uguaglianza sostanziale.
Celebrare la festa del lavoro con le opere degli artisti dell’Associazione Romana Acquerellisti e con un’estemporanea su disegno dal vero, significa persuadere i visitatori che anche dipingere è un mestiere che, come diceva Antonio Gramsci, richiede “un processo di adattamento, un abito acquisito con lo sforzo, la noia e anche la sofferenza”.
I vari dipinti invitano alla contemplazione dei paesaggi che rievocano, anche quando rappresentano “l’oggi” l’atmosfera nostalgica del tempo passato: il gregge con il suo pastore, il postino, i borghi antichi o semplicemente la bellezza fugace di una rosa o il valore emblematico della melagrana. Attraverso pennellate delicate che intessano il colore dalle sfumature luminose stemperate su gocce d’acqua, traspare la leggerezza dell’animo nell’immediatezza comunicativa del “sentire” più che del “vedere”. Questa capacità espressiva, frutto di riflessione oltre che di sensazione, realizzata stendendo il pigmento con rapidi colpi di pennello tramite la gradazione dei toni, crea con velature successive un’atmosfera leggera e soffusa. Guardare gli artisti in opera è emozionante: i colori sulla carta bagnata si diffondono con un margine di imprevedibilità che solo una mano esperta riesce a contenere.
La natura è la protagonista assoluta delle opere, in quanto la presenza dell’uomo è solo percepibile in sagome evanescenti che non turbano la quiete che aleggia sul paesaggio. Tutte le opere, sia quelle esposte che quelle dell’estemporanea, offrono al fruitore la bellezza opaca presente dopo un acquazzone primaverile con colori che infondono freschezza alle immagini. Non c’è staticità nella creazione degli acquerellisti. Il movimento delle alternanze spaziali presenti nelle parti architettoniche delle opere è armonizzato in un linguaggio idillico che conserva il fascino dei luoghi incontaminati. I tre colori primari: il rosso, il giallo ed il blu, mescolati con grande curiosità, danno il risultato delle altre infinite tinte nei riflessi sull’acqua. Sarà ancora l’acqua e non il bianco, come invece avviene per le tempere, a dare ai dipinti una maggiore o minore luce grazie al trasparire della carta del fondo. Vedere dal vivo gli acquerellisti presi in un gioco cromatico che a volte li trascende, è veramente entusiasmante!
Pennellate veloci, incisive, ricche di suggestioni cromatiche, danno al visitatore e soprattutto all’osservatore degli artisti al lavoro, la sensazione di essere affacciati ad una finestra da dove è possibile ammirare la straordinaria bellezza che ci circonda. Un’arte, la loro, che rende “limpido” il complesso pittorico emozionandoci in un costante rapporto tra creatività e tecnica. Gli artisti con le loro opere invitano l’uomo frettoloso a soffermarsi per incamminarsi metaforicamente lungo un percorso dove la storia del passato è ben conservata e ancora parla al nostro presente con la voce degli affetti legandoci alle nostre radici: è come se tutte le generazioni passate fossero insieme a noi per combattere rivendicando la dignità dei lavoratori in ogni luogo ed in ogni tempo.