La crisi odierna della letteratura, che perde interesse alla scrittura sostituita dalla comunicazione mediatica, allontana i giovani dalla riflessione profonda sull’essere esistenziale di ognuno di noi immerso nel vissuto del proprio territorio. In ogni tempo, in ogni luogo, raccontare una storia, un ricordo, un sogno, se stessi in relazione con la realtà antropica e geografica del proprio paese, significa dar vita ad un insostituibile legame tra noi e gli altri.
Leggere coinvolge sempre almeno due persone: il narratore e il destinatario che non si limita ad ascoltare, ma interagisce attivamente. Come? Semplicemente emozionandosi nel radicare il proprio vissuto attraverso la voce di scrittori del passato e del presente capaci di offrire nuove conoscenze ma anche momenti di riflessione e pause per acquisire “una nuova consapevolezza”, tanto più preziosa in un periodo in cui la fretta e l’impazienza prediligono l’immagine alla parola.
Per noi gente marsa particolarmente significativa è l’opera narrativa di Ignazio Silone il cui pensiero, ancora attualissimo per l’alta tensione morale di difesa dei diritti inalienabili dell’uomo, rafforza quella memoria che è foriera di scelte nuove e coraggiose, di cui la Marsica e l’Italia tutta, hanno urgente bisogno.
Dalla pace alla libertà ancora minacciata, anche in Europa, all’esodo drammatico degli emigranti, alla discriminazione di genere e alla negazione dei diritti fondamentali. A tutto ciò si unisce l’emergenza educativa delle nuove generazioni distratte dall’edonismo e dal materialismo e spesso abbandonate dalla famiglia e dalla scuola ad un mondo globale senza la capacità di una chiave morale di interpretazione.
Nel terremoto che il 13 gennaio 1915 ridusse in macerie i centri abitati del Fucino, con migliaia di vittime, Silone che aveva perso entrambi i genitori, trovò in Don Orione, non solo un modello di vita necessario per una sana identificazione, ma un cuore pieno di amore. Un incontro che gli permetterà di riscoprire l’eredità cristiana considerando Cristo più grande di una Chiesa spesso piegata alla temporalità dei potenti. L’avventura di un povero cristiano (1968) e Uscita di sicurezza (1965) il cui terzo capitolo è costituito dall’incontro con uno strano prete, pubblicato su L’Europeo nel 1952, con una divulgazione in tutto il mondo, narrano un incontro per il quale il giovane Silone conservò un ricordo ammirato e riconoscente fino alla morte: “io ho avuto la fortuna di vivere un certo tempo accanto a un santo” dirà tanti anni dopo a Diego Fabbri.
E ancora descrivendo il prete, che si aggirava tra le macerie attorniato da una schiera di bambini e ragazzi rimasti orfani, scriveva: “Appena il piccolo prete (…) si fu allontanato, chiesi attorno a me: Chi è quell’uomo straordinario? Una vecchia che gli aveva affidato il suo nipotino mi rispose: Un certo Don Orione, un prete piuttosto strano”.
Nel racconto del viaggio in treno da Roma a Sanremo con Don Orione, che aveva visto fugacemente alcuni mesi dopo il sisma, Silone, benché sedicenne, comprese appieno la grandezza di un uomo che ebbe per tutti parole di speranza. Nell’intento di vedere e sentire Cristo nell’uomo, soleva dire: “La nostra vita e tutta la nostra Congregazione deve essere un cantico insieme e un olocausto di fraternità universale in Cristo”. Ancora oggi, sempre di più, in un mondo complesso come il nostro, è necessario che i giovani siano formati al rispetto di tutti come appartenenti alla famiglia umana nella vicinanza empatica di esempi edificanti per l’inclusione degli ultimi.
Il racconto dell’incontro di Silone con Don Orione, a mio avviso, può diventare uno strumento importante per costruire e condividere il futuro con gli altri al fine dall’emancipazione dal dolore e dalla miseria. La descrizione della somiglianza del prete con il mondo contadino umile e servo del principe, rappresenta la più nobile pagina del capitolo, ricordando che nessuno è esente dalla povertà che del resto ha aspetti molto diversificati, da quella materiale a quella spirituale, da quella individuale, intesa come solitudine, a quella sociale nell’emarginazione: “Ciò che di lui, nel ricordo, mi è rimasto più impresso, era la pacata tenerezza dello sguardo. La luce dei suoi occhi aveva la bontà e la chiaroveggenza che si ritrova talvolta in certe vecchie contadine, in certe nonne, che nella vita hanno pazientemente sofferto ogni sorta di triboli e perciò sanno o indovinano le pene più segrete”. Proprio per il percorso di crescita di un adolescente ferito da lutti e costretto ad imparare precocemente a fare i conti con la durezza del presente, il libro uscita di sicurezza rappresenta uno dei capolavori siloniani più utili alla formazione delle coscienze. Grazie a Don Orione la parabola del giovane Silone, come per molti altri suoi coetanei, diventa ricerca ontologica di una nuova via per il riscatto morale.