In un soleggiato pomeriggio autunnale, osservare il suggestivo borgo di Tufo in provincia di Carsoli, non solo con gli occhi ma con la mente e il cuore, significa fare dei luoghi geografici antropologia dell’animo umano.
Entrando nel Paese, dal 2016 centro di un interes-sante progetto di street art, titolato “Intonaci”, le parole di Cesare Pavese scritte su un muro invitano a fare delle radici emblema della nostra identità: “Un paese ci vuole, non fosse che per il gusto di andarsene via. Un paese vuol dire non essere soli, sapere che nella gente, nelle piante, nella terra c’è qualcosa di tuo, che anche quando non ci sei resta ad aspettarti”.
Proprio come Cesare anche Alberto torna sempre nella casa materna dove i campi, i vigneti, la gente umile dall’esistenza travagliata dalla fatica, stempera l’asprezza del mondo agro pastorale nei dolci acque-relli della memoria degli antichi affetti.
Alberto Manzi, nato a Roma il 3 novembre del 1924, considerato il maestro dei due mondi, per aver insegnato nei quartieri poveri del Sudamerica, non aveva mai dimenticato il paese natale della madre Rina Mazzei dove trascorreva tutte le vacanze e conduceva i suoi alunni in gita scolastica.
Del resto proprio nella sua infanzia vissuta a contatto di una comunità di adulti e bambini non alfabetizzata, aveva compreso anzitempo la necessità di porre al centro della vita sociale la scuola “Soltanto l’istruzione potrà far si che tutta l’umanità possa vivere meglio” (A. Manzi). “Non è mai troppo tardi” la trasmissione televisiva della Rai, da lui magistralmente condotta, fu considerata l’esperimento pedagogico per l’educazione degli adulti più efficace per realizzare il diritto all’istruzione.
Per il centenario della sua nascita in ogni angolo d’Italia molte realtà si sono unite per celebrare il “Maestro”. Anche i cittadini di Tufo hanno contribuito a divulgare ulteriormente il suo pensiero e la sua storia con un monumento e con dei Murales opera di insigni artisti, a lui dedicati.
Visitarli è emozionante. Accanto a rappresentazioni della vita quotidiana di contadini, artigiani e allevatori, parole, immagini, colori e grafiche cinetiche presentano la grandezza di un pedagogista che entrò nelle case di tutti per formare uomini moderni e farne Costruttori del proprio sviluppo. Interpretando gli ideali di giustizia, di libertà e di chiarezza Manzi con il “Corso di istruzione popolare per adulti analfabeti” fece del Servizio Pubblico Radiotelevisivo, di cui quest’anno si festeggia il centenario, un’avventura emozionante.
Nell’arte degli “Intonaci” a mio avviso si celebra la memoria di Manzi soprattutto in un murales, omaggio a sua madre, dove il Maestro indica ad una donna la frase sulla lavagna più indicativa del suo metodo didattico: “Fa quel che può, quel che non può non fa”. Rifiutandosi di cristallizzare in giudizi la valutazione, Alberto considera la coscienza umana un’entità in continuo sviluppo verso l’emancipazione culturale, economica e sociale. Nella teologia della liberazione Manzi testimoniando il suo amore per il piccolo borgo e per la sua gente condivide l’idea del fondatore del Gruppo FAI: “Se conosci ami e se ami proteggi”.
Chissà se passeggiando per i vicoli di Tufo Basso tra i murales e le case rurali aperte al sole e all’aria pulita e poi salendo su Tufo Alto sia possibile toccare le nuvole sognando un mondo migliore per l’uomo e per il nostro pianeta.