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Trovare se stessi, conoscere il proprio Io denudandosi del superfluo, delle illusioni, del possesso ubicato dentro le nostre gole colme di autodefinizioni.
Liberarsi di ciò che "si ha", ovvero, di ciò che "non siamo", così che emerga la nostra vera essenza, che non può essere altro che l’uomo nudo di fronte alla realtà del suo "sentire", in armonia con le sue azioni.
Si può raggiungere un’identità stabile soltanto nel momento in cui ciò che "si è" non può venir tolto da nient’altro che la morte, nel momento in cui non si possiede niente e in cui non si ha bisogno di aggrapparsi alle proprie qualità (presunte o reali) o a parti isolate del nostro Sè; nel tempo in cui si riconosce se stessi semplicemente come il soggetto "attivo" che sente, pensa e agisce nell’hic et nunc, e ancora, che ha sentito, pensato e agito in un determinato modo nel tempo passato.
Più l’uomo si denuda più essenza acquisisce; meno cose sente e crede di essere più il suo essere si accresce (principio in totale controtendenza con il materialismo capitalistico).
Se le azioni non si specchiano con il pensiero stiamo vivendo nell’illusione di ciò che siamo.
Se la filosofia teorica si limita a rimanere scissa dalla filosofia pragmatica – come avviene sempre più spesso – essa ha miseramente fallito e non potrà dare alcun tipo di benessere reale.
Resta invece molto utile a chi si adopera al mantenimento dello “status quo” del sistema politico-economico in cui le anime sono immerse, educare le coscienze con la credenza che ciò che sarebbe auspicabile sul piano del pensiero, non sia possibile da attuare sul piano pratico, così che la folla (come la chiamava Le Bon) possa dirigersi con convinzione salvifica nella direzione opposta.
Rimane esclusa dal sentire comune la possibilità che pur non essendoci le condizioni ottimali per attuare la teoria nel campo pratico (tale e quale com’era stata concepita) – a causa di quella che Anders chiamava la “resistenza” che il mondo oppone all’uomo – si possa pur sempre muoversi nella direzione ideale; così che, a piccolissimi passi vengano superati gli ostacoli che il “reale” pone alla speculazione metafisica.
Per far sì che la metafisica si accordi con l’agire pragmatico.
Solo così l’uomo troverà se stesso potendo realmente completare il processo di “individuazione” del Sè. E ancora, solo così la società composta per definizione da individui potrà non essere gregge e sperimentare la vera realtà di se stessa e del mondo che la circonda.
Credo che una buona società debba farsi carico di questo compito spirituale; proprio come affermava Freud: la meta è quella di “dotare la massa degli attributi dell’individuo” (Psicologia delle masse e analisi dell’Io, 1921).
Ritengo che questa sia la via maestra per creare le basi di un “sapere” utile (che sorga dall’attività di liberi individui) in grado di produrre un “potere” che si occupi del vero bene collettivo, e, parafrasando e andando oltre Foucault, invertire il processo di produzione di sapere e conoscenza indotto da un potere che agisce come forza eteronoma su mente e corpi delle entità costituenti la società civile, riconsegnando la diade sapere/potere (invertibile ma inscindibile) nelle mani dei singoli uomini.
Soltanto così l’uomo sarà uomo e non merce, e potrà vincere l’avidità e le varie lotte di classe che da essa scaturiscono.
Seguendo questa via l’uomo ha la facoltà di essere il fulcro dei suoi pensieri, sentimenti e azioni, riuscendo a riconoscersi pienamente se stesso. Pienamente umano.
Questo inoltre permetterebbe di superare radicalmente la frattura schizoide (che si è creata a causa del modello sociale adottato) tra pensiero e azione, tra Io corporeo (il corpo e le sue azioni) e Io incorporeo (pensiero e sentimenti), oppure, le scissioni dell’Io e degli oggetti che fanno si che lo stesso soggetto abbia comportamenti totalmente antitetici (per esempio premuroso uomo di famiglia e spietato affarista o datore di lavoro; leale e ligio ai propri principi morali in determinate situazioni e scorretto e immorale su altri ambiti della vita quotidiana... ecc. ecc.).
Concludo questo modesto articolo con un breve ottonario che trovo adeguato al tema della ricerca dell’essere; della propria essenza più profonda…
Nudo
Creo incavi nelle favole
e li espando dentro al solco
ricavando un guscio vuoto
dove l’uomo si denuda.
Nudo, l’esser cerca nuvole
per tracciare in cielo il calco:
fiore roseo di loto
che all’eterno non si chiuda.
Per narrar delle parabole
che di aurora siano iperbole.
(James Curzi)