Nomadi spirituali

Riflessioni sul testo di Franco Battiato

Franco Battiato, figura iconica della musica italiana, è noto non solo per la sua innovazione musicale, ma anche per l’approfondimento filosofico e spirituale presente nei suoi testi. Nomadi, brano emblematico tratto dall’album L’era del cinghiale bianco del 1979, si erge come una delle opere più raffinate del cantautore siciliano in cui descrive magistralmente la parabola del cercatore d’oro, quell’oro che l’alchimista cercava di trasmutare dai metalli e cioè l’Uomo Divino. Con esso ci esorta a un’immersione profonda nella ricerca di significato e di pace attraverso il viaggio interiore e l’esplorazione delle dimensioni più profonde dell’esistenza umana.

Centrale è nel testo il concetto di nomadismo, (anche attraverso l’uso di sostantivi come camminatore, viandante e forestiero), non solo come movimento, spostamento fisico, ma anche come atteggiamento mentale e spirituale che coinvolge diverse dimensioni della vita umana. Il nomadismo diventa il simbolo dell’uomo che cerca nutrimento per l’anima al pari di quelle tribù che si spostano in connessione con i cicli vegetativi delle piante spontanee o dello spostamento degli animali selvatici, anche se, nella ricerca di senso, il pericolo, per i meno avveduti, è di imbattersi in vicoli ciechi e strade sbagliate.

Il viaggio è il tema principale del brano, viaggio che non è solo esteriore – a volte abbiamo l’esigenza di allontanarci da persone e luoghi – ma anche, e soprattutto, interiore. L’archetipo del viaggio è un tema ricorrente in molti miti, religioni e opere letterarie, dove eroi come Gilgamesh, Ulisse e Siddhartha rappresentano il desiderio umano di esplorare, apprendere e trovare significati più profondi nella vita. Il viaggio interiore, come descritto nella tradizione mitica, implica una lotta contro sé stessi e una ricerca di conoscenza e saggezza che va oltre la superficie delle cose. Il re eroe Gilgamesh intraprende un viaggio alla ricerca dell’immortalità: questo viaggio simbolizza la ricerca dell’umanità per comprendere il significato della vita e superare le sfide esistenziali. Il patriarca Abramo, nell’Antico Testamento della Bibbia, è chiamato da Dio a lasciare la sua terra e la sua parentela per un viaggio verso una terra promessa. Il suo cammino diventa simbolo di fede, obbedienza e ricerca di un destino più grande. O ancora, il principe Siddharta Gautama, il fondatore del buddhismo, lasciò il suo ricco stile di vita per intraprendere un viaggio di rinuncia e ricerca spirituale che lo portò a raggiungere l’Illuminazione.

Affinché il viaggio abbia inizio, l’uomo deve avere una forte motivazione per lasciarsi alle spalle il conosciuto per l’ignoto. Rinchiusi nei nostri gusci dorati, cullati dal rumore della quotidianità, rischiamo di restare sordi all’anima che chiede salvezza. Ma l’uomo che è capace di vedere il proprio riflesso nel vetro di una finestra, avvertendo un senso di inquietudine, malinconia e urgenza, sarà quell’uomo capace di aprire la finestra e guardare fuori. Allora intuirà che ciò che crede reale è solo apparenza, che ciò che crede vero si fonda su una dualità che non è più sufficiente ad appagare il desiderio di verità. Ecco che l’uomo, motivato a conoscere, compie un ulteriore passo decidendo di abbandonare la casa, di uscire per strada e fuori dalla città. La città intesa come simbolo dell’alienazione, frenesia, distrazione, che allontana l’uomo dall’Uomo, ma anche simbolo del benessere, delle convenzioni, dei legami e degli affetti sicuri.



Ma ciò che ci rende umani è proprio la ricerca di legami e connessioni, per questo la scelta di intraprendere il viaggio lasciandosi tutto alle spalle può essere difficile e dolorosa. Una volta incamminatosi sul sentiero che lo allontanerà da casa, però, l’uomo si rende conto che il mondo intero è la sua casa, che i legami sciolti erano materialistici ed egoistici mentre ora è pronto ad aprirsi davvero all’altro sconosciuto, simbolo dell’umanità intera. Questa apertura lo porterà a comprende l’importanza delle proprie radici e della propria appartenenza alla Madre, la Terra. Ed ecco che creerà una connessione nuova e una rinnovata coscienza in cui l’esigenza di costruire legami e relazioni sarà in obbedienza alla legge di armonia con il Tutto.
L’uomo che intraprende il viaggio di scoperta di sé, non sa dove questo lo condurrà, né potrebbe comprenderlo se qualcuno glielo dicesse perché senza fare esperienza non può avere conoscenza. Possiamo avere segni e incontrare maestri ogni giorno, ma se non siamo preparati e sufficientemente svegli per riconoscerli, i semi che avranno gettato in noi non saremo in grado di curarli, lasciandoli morire. Quando sarà pronto spiritualmente, l’uomo troverà quel che cerca alla fine della strada, che non vuol dire la fine della vita fisica, ma la fine del proprio personale cammino, un cammino in cui tutto è possibile. In lui scoprirà una forza che lo spingerà continuamente a orientarsi, concentrarsi e ricentrarsi sul desiderio fondamentale di evoluzione, capace di farlo passare dall’oscurità alla Luce. Uno dei pericoli più grandi in cui potrà incorrere è la tentazione: la tentazione di lasciarsi distrarre, la tentazione di cambiare idea, la tentazione di rinunciare. Non sottometterci alla tentazione[…] recita la preghiera di Gesù, il Padre Nostro, che, secondo l’esegesi essena, ci esorta proprio a questo, a scegliere la luce della nostra vita con cura e una volta effettuata la scelta, a rimanere concentrati fino al raggiungimento del nostro obiettivo. È una saggezza che ci viene insegnata anche dagli antichi racconti e leggende dei cavalieri: partiti in missione, spesso cadono preda di qualche tentazione che li distoglie dalla missione, facendola fallire.

Dunque, motivazione ad agire e forza di volontà ci consentono di fare esperienza della strada, e cioè del mondo e di noi stessi. Ed è in questa ottica che rileggo la cacciata dal Paradiso raccontata in Genesi. Come un genitore amorevole, Dio ha originariamente offerto protezione, cura e amore alla sua creatura prediletta, stabilendo regole e limiti, richiedendo solo obbedienza. Tuttavia, come avviene con i figli che da bambini divengono adolescenti, l’umanità, simboleggiata dal primo uomo e dalla prima donna, ha iniziato a porre domande critiche, a contestare le regole e a ribellarsi. Adamo e Eva con questo atto di trasgressione hanno dichiarato di essere pronti a spiccare il volo, di essere pronti a lasciare la sicurezza della casa paterna e a intraprendere la ricerca di sé stessi. L’albero del frutto proibito, al di là di una mera proibizione divina, potrebbe simboleggiare la conoscenza del giusto e dell’ingiusto, una saggezza che l’uomo può acquisire solo attraverso l’esperienza diretta del mondo, del dolore e della sofferenza come della gioia e dell’amore.
Analogamente al figliol prodigo, l’uomo, dopo un lungo e spesso faticoso cammino attraverso la vita, può ritornare a Casa, a uno stato di armonioso equilibrio e di pace, a un Amore puro. Tuttavia, questo ritorno non avviene senza conseguenze. Uscito dal Paradiso come essere duale, interiormente diviso, l’Uomo, evoluto spiritualmente, ritornerà come essere unificato, avendo sperimentato, attraversato e superato la divisione. Alla fine, sarà riconciliato con il Padre, raggiungendo una condizione di unità con Dio da Dio.

Posted

31 May 2024

Pensieri e riflessioni


Nadia Laccetti



Foto dal web





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