Mentre mio padre era al fronte, ricordo ancora le mie paure quando, con mia madre, mi precipitavo nei rifugi scavati nei terreni dell’azienda agricola di mio nonno paterno, per evitare le bombe. In quel periodo, e parlo degli inizi anni ’40, al calar della notte, un aereo misterioso e solitario denominato “Pippo” sorvolava costantemente i cieli del nord Italia terrorizzando tutti. – Così esordì Sergio Camellini, nato a Sassuolo in provincia di Modena, quando gli chiesi di parlarmi un po’ di se e della sua vita, seduti ad un bar della centralissima via Emilia a Modena, mentre sorseggiavamo un caffè.
Membro della Società Italiana di Sessuologia Clinica e Psicopatologia Sessuale, Sezione Speciale Società Italiana di Psichiatria; psicologo clinico e biopsicosessuologo “per passione”, poeta “di professione”.
Scherzi a parte, avevo già conosciuto Sergio un sera di settembre del 2013 in occasione della prima edizione del premio internazionale di prosa e poesia “Città del Galateo” organizzato dall’Associazione culturale Verbumlandi-Art, al quale aveva partecipato ricevendo la menzione di merito nella sezione poesia.
Ed ora lo ritrovavo di fronte a me, un’occasione da non perdere per parlare con lui, per rivolgergli alcune domande e approfondire la nostra amicizia. – Dopo quegli anni molto tristi e difficili – raccontava Sergio – ho vissuto la mia giovinezza in serenità. Mi sono diplomato in chimica industriale e successivamente ho frequentato l’Università di Padova conseguendo la laurea in psicologia. Poi a Bologna per l’abilitazione alla professione ed infine a Modena per il perfezionamento in biopsico-sessuologia. Ho lavorato come psicologo clinico per circa quattro lustri, a cavallo tra il 1970 e il 1980, collaborando con medici di base e specialisti. Alla fine del 1980, sono entrato a far parte di una multinazionale chimica, come psicologo manager abilitato alla formazione di chimici, biologi e farmacisti.
Una brillante carriera professionale dunque, così come lo era anche la sua grande passione per l’arte e per la poesia, come testimoniano le numerose pubblicazioni di antologie poetiche e i numerosissimi riconoscimenti letterari in campo nazionale e internazionale.
Sentirsi un poeta oggi è un vezzo, una moda, un’illusione più o meno reale di essere letti e apprezzati. Chi non è mai caduto nella tentazione narcisistica di credere che le proprie piccole creature, due o tre versi in una metrica più o meno corretta, potessero significare davvero qualcosa? Io per primo…
Di conseguenza gli ultimi anni hanno visto e lasciato un deserto poetico tra intimismo ed egocentrismo, misticismo e liricismo. Ma non è così per tutti e Sergio era la prova più evidente, facendo parte di quella resistenza di poeti che reagiscono a questa desertificazione individuale. La sua poesia è sempre uscita dalla confortevole domesticità per incontrarsi con gli eventi, narrati, giudicati, analizzati. Perché il poeta non ha paura di parlare al mondo di giustizia, di guerra, di fame, di razzismo, di violenza.
Sergio è sempre stato un intellettuale; riflessivo e osservatore, analizzava da buon psicologo qual’era, e per far questo usciva dalla prassi, dalla massa, immergendosi nel fluire della vita quotidiana, propugnando valori e certezze, nella consapevolezza che la poesia ha un mandato sociale.
I suoi versi sono uno spaccato della poesia di oggi, quella che per forma compositiva e per le tematiche trattate, restituisce vividi frammenti della società attuale attraverso una raggiunta maturità formale e concettuale della propria “ars scribendi”: non più, quindi, personale ed autoreferenziale ma, sublimata a linguaggio universale.
Ho continuato per ore a parlare con Sergio, affascinato dal suo mondo interiore. Da sempre volevo fagli una domanda; eravamo insieme, con tutto il tempo a nostra disposizione, ne approfittai.
Sergio, come nasce in te il poeta? Come t’ispiri e come condividi nella quotidianità le tue due anime di psicologo e di creativo davanti al foglio bianco
Nasco "poeta", fin da ragazzo, nell'ammirare gli artigiani: calzolai, fabbri, sarti, carpentieri, intagliatori di legno, barbieri, imbianchini, ceramisti, droghieri, fornai, pasticceri, gelatai, etc., in un borgo di Sassuolo. Mi piaceva ripercorrere le orme di tutti coloro i quali erano in grado di produrre creatività e stimolare la mia fantasia, con reali contenuti, come fossero pillole di vita vissuta, raccolte in un quaderno, posto nell'ultimo cassetto di una vecchia scrivania e "rispolverate" durante la maturità. Ora, come psicologo, nei colloqui coi pazienti, cerco di cogliere alcuni aspetti della vita vissuta e presente, traducendoli in poesia. Poi, una parola, uno sguardo, un oggetto, un colore, il profumo della terra, mi permettono di avere empatia con un foglio bianco da vergare.
Sergio, non hai mai pensato di scrivere un romanzo, magari a sfondo sociale?
Dopo una lunga ricerca, sto scrivendo un libro sui vari aspetti dell’essere anziano, un tema che mi affascina particolarmente. Più che un romanzo è una "fotografia sociale" del terzo millennio, vista dai miei occhi. Essere anziano è un dato biologico e non significa essere malato, perchè il rapido decadimento fisico ed intellettuale è quasi sempre la risultante di fattori sociali e naturali, ed è difficile prescindere l’uno dagli altri. E’ allora sul piano culturale che dobbiamo fare le nostre valutazioni, verificando tutte le possibilità insite in una società così complessa come la nostra, per aiutare l'anziano a sentirsi ancora parte attiva.
Al di là del puro apporto in pensieri e versi che ha sempre regalato ai suoi lettori, mi piace sottolineare il suo importante contributo inteso a manifestare solidarietà in maniera fattiva verso coloro che vivono condizioni di disagio e di difficolta. Sergio infatti, ha sempre devoluto il ricavato della vendita di alcuni dei suoi libri in beneficenza. Tra questi ricordo Nel corpo un soffio dell'anima (non solo poesie, ma pillole di pensieri) ai terremotati ed alluvionati dell'Emilia Romagna, mentre il ricavo di Poesia sei tu, Il pianeta delle nuvole Rosa e La mia penna traccia linee di libertà, furono destinati al restauro di opere artistiche. Ma Sergio non trascurava nemmeno il centro per Diversamente Abili di Modena, l’Associazione San Vincenzo di Mirandola (MO) e numerose parrocchie di Modena, Reggio Emilia e Bologna.
Di certo è sempre stato un personaggio Sergio, anzi (e lo affermo con orgoglio) “il mio amico Sergio”; un grande uomo dallo spessore umano immenso, amato e stimato da tutti, e non poteva essere altrimenti. Il suo ricordo, il suo sorriso resteranno indelebili in chiunque l’abbia conosciuto e apprezzato nei vari aspetti della sua multiforme attività e professionalità. Addio Sergio... ci mancherai!