Alessandro Cau è nato il 13 novembre del 1984 a Guspini in provincia di Cagliari e, ad oggi, risiede nel paese Villanovaforru, dove opera la sua passione artistica esprimendosi con dedizione.
Le sue pitture ad olio su tela sono particolarmente affascinanti per il forte impatto che hanno con la realtà. Infatti, sia i suoi ritratti che i suoi paesaggi, sono delle bellissime cartoline dall’interpretazione vera ma, al contempo, mutevoli nelle analisi personali, come fossero tracciati di verità scritte da ogni persona che si sofferma a guardarle.
CAPRICCI D'INFANZIA
Così, fantasticando sul primo dipinto di cui non conosciamo l’autenticità del dato momento di vita ritratto, ne personalizziamo con visione idealistica la percezione sensitiva-razionale che può comunicarci, ricordandoci sempre che ogni dipinto è un raccoglitore di verità celate e, come fosse uno specchio, scegliamo sempre quella che più ci somiglia nelle palpabili emozioni delle pennellate. Si tratta di una realtà particolare poiché soggettiva, ovvero prodotta dalla nostra “non-mente” e non dall’oggettiva contenutistica a noi sconosciuta.
Abbandonandoci a “Capricci d’infanzia”, noteremo un segno di disdegno della piccola, solcandone il dolore. Un capriccio dalle lacrime amare, ma che non hanno la forza di scendere e ne macchiano nell’invisibilità il cuore dell’innocenza. Un capriccio dato dunque dalla banalità di un’azione, forse non capita affondo o forse celata dal troppo. Attimi di irrequietezza emergono da quel visetto impaurito, piccola e preziosa creatura inascoltata poiché trattasi di un irragionevole capriccio... se irragionevolmente lo si vuol definire.
Ma spostandoci sulla tecnica di lavorazione dell’opera, noteremo che i toni scuri sono stati posti sulla tela per rafforzarne la valorizzazione della luce. Quelle cupe pennellate, offuscate dall’indefinito pensare, le identificherei come l’immagine amareggiata della tenerezza, talvolta sorda ai distratti che ignorano l’ascolto. Eppure, quel capriccio dominante sulle nostre emozioni, valorizza la luce contrastante delle ombre annunciando al domani la crescita verso il diritto della libertà di pensiero. Il suo capo avvolto da una sciarpa dalle tinte adulte e compenetranti di vissuto, non lascia spazio ad una stampa figurativa fanciullesca, ma appare come un panno pesante tipico di un paese straniero che, agli occhi della vita, la cinge di responsabilità.
Alessandro Cau è stato dunque armoniosamente responsabile nella scelta delle tinte e dei tratti raffinati che hanno delineato di massima espressione la scena.
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PAURA DELLA LIBERTA'
Anche il secondo dipinto “Paura della libertà” lo raffigura con efficacia maestria, dove darei inizio a questa visione pittorica con una mia personale domanda, ossia: “Voi ci parlate con la vostra aquila interiore?” Tutti siamo rapaci, graffianti, intemperati dal desiderio del volo sul panorama del mondo, ma spesso siamo aggrappati alle radici della terra per non perdere l’equilibrio.
Si può Volare, si può Volere e si può Violare quella condanna chiamata “paura” che ci lega il respiro della libertà. Non so se ve ne siate accorti, ma in quei tre verbi la consonante “V” è predominante e, con l’augurio che possa essere essenziale, nel valore della libertà avanzerà annunciando la (V)ittoria.
Ma in contrasto, una riflessione ci potrà certamente frenare l’ascesa, ovvero: “Quanto è grande la nostra aquila rispetto al nostro essere persona?” Ebbene, la dimensione accrescitiva del rapace, è paragonabile al nostro terrore, al nostro dolore, al nostro apatico sconforto determinato dalle straboccanti intolleranze sulla vita.
Nell’opera di Cau possiamo quindi notare un forte squilibrio della dimensione tra l’appariscente aquila e il piccolo essere umano che la osserva, seduto su una umile e piccola roccia, circondato dai grandi monti, una paura quindi ampliativa che non riesce a farlo sentire all’altezza dell’aquila.
MASCHERA
Un altro interessante dipinto titolato “Maschera” è una sorta di mescolanza tra il mistero e l’intuizione, il profilo inespressivo ma intensificato dai toni caldi, sussurrano alla memoria la voglia di proteggersi dalla realtà sfarzosa di aspettative. È un quadro che appare come l’attesa di un tempo che non si decide ad arrivare, di cui non serve scomporsi con un sorriso o con un pianto, è una maschera nuda di solitudine che osserva dai suoi grandi occhi tenebrosi le conquiste che appartengono agli ingiusti e che plastificano il cuore di chi come quella condannata maschera deve far correre i minuti nell’inespressione del tempo che passa. Si tratta bensì di un quadro che incastona una creativa atmosfera ricreata dal pittore e, con quei magnifici tocchi caldi di colori, sovrasta l’amareggiata oscurità della notte per tacere quelle storie mai raccontate e che mai mostreranno il volto del definito e intimo vissuto.