Quanto conta il nostro tempo? – L’infinità di un vita eterna.
Su questa domanda a cui ho già voluto svilupparne una risposta, ho scelto di condividerne con voi l’importanza delle opere di Salvador Dalí il quale, mediante un surrealismo decisamente veritiero, è riuscito a depositare la ricchezza assoluta del nostro viaggio esistenziale illustrandone, a suo modo, un grande riferimento... l’orologio.
Salvador Dalí all’anagrafe: Salvador Domingo Felipe Jacinto Dalí I Domènech, nacque l’11 maggio del 1904 nel piccolo villaggio agricolo di Figueres in Spagna e vi morì in loco il 23 gennaio del 1989.
LA PERSISTENZA DELLA MEMORIA
Una delle sue eccellenti opere che risaltano nel panorama dell’arte come prestigiosità motivazionale è La persistenza della memoria poiché raffigura una estensione sterile dove vi sono protagonisti alcuni orologi molli dalla consistenza quasi fluida, simboleggianti l’elasticità del tempo che scorre. È dunque una visione di incredibile interpretazione sulla quale l’artista, giocando con le forme, ci orienta su concetti molto costruttivi e profondi. Quante volte nelle nostre vite ci lamentiamo per la mancanza di tempo, o meglio, della percezione relativa a tale mancanza poiché in realtà siamo ben consapevoli dell’abbondanza illimitata del suo scorrere instancabile.
Molle, elastico, fluido e coerente, il tempo è proprio questo, è il processo autonomo della parola “sempre” è l’illimitatezza di ciò che scandisce ogni secondo, ogni attimo, senza mai subire delle interruzioni. Eppure ci sentiamo talvolta in corsa con questo tempo, quasi a volerlo raggiungere, altre quasi a volerlo fermare, incentrandone quindi la nostra presunzione nel volerlo gestire come fosse una marionetta. Ma il tempo è tempo e nella manifestazione artistica di Dalí vi è molle come un formaggio, come quel formaggio Camembert che l’artista mangiò a completamento di una cena e che improvvisamente lo rese perplesso sulla filosofia dell’ipermollezza.
Fu una sera in cui si sentiva particolarmente stanco e spossato da un disagevole mal di testa, motivo che gli evitò un’uscita in compagnia per andare al cinema. Convinto che sarebbe andato a letto presto, osservò ancora una volta quel formaggio e poi si recò nel suo atelier dove vi era un dipinto in fase di elaborazione e sul quale aveva già ben delineato un paesaggio costiero, ambientato nei pressi di Port Lligat, con un ulivo spoglio di cui solo un ramo ne nutriva il suo aspetto. E proprio prendendo in visione quella sua incompiutezza, decise di apporvi sopra al ramo di ulivo un orologio penzolante – come fosse una stoffa stesa a mezz’aria – e poi degli altri orologi posizionati nel paesaggio sempre con lo stesso criterio “molle”. Tranne un orologio da taschino che, essendovi collocato col quadrante coperto dal cofanetto, non può indurci alla volontà relativa all’elasticità temporale. Difatti, concentrandoci proprio su questo oggetto, noteremo un simbolo ripetuto che ne caratterizza moralmente la decomposizione e il decadimento, ossia delle formiche che invadono la superficie dello stesso. Terminò il quadro in soli due ore senza rimandare il momento dell’ispirazione intrapresa e dovuta da quel formaggio, lasciando inconsapevolmente diventare il dipinto uno dei suoi lavori più famosi.
L’opera eseguita ad olio su tela nel 1931 misura 24 x 33 cm e presenta una stesura cromatica morbida, scaldata dal giallo del sole che ne movimenta i chiaroscuri e dall’azzurro terso del cielo e delle acque marine che ne segnano un naturale contrasto sul marrone ocra predominante nella vasta area infruttuosa. Inizialmente denominato Gli orologi molli, fu acquistato nel 1932 dal gallerista Julien Levy, il quale decise di portarlo in visione nella propria galleria d’arte sita a New York e di valorizzarlo con il titolo La persistenza della memoria, facendo quindi accrescere sensibilmente la popolarità dell’artista. Nel 1934 l’opera fu acquistata al prezzo di trecentocinquanta dollari dal Museum of Modern Art dove vi è tuttora la possibilità di ammirarlo.
LA DISINTEGRAZIONE DELLA PERSISTENZA DELLA MEMORIA
Nel 1952 il noto pittore spagnolo diede vita ad una sorta di continuità del quadro illustrato, poiché elaborò un olio su tela di 24 x 33 cm con titolazione La disintegrazione della persistenza della memoria ad oggi conservato nel Salvador Dalí Museum a St. Petersburg in Florida. L’opera caratterizzata dalla stessa prospettiva paesaggistica riporta dei notevoli mutamenti, profilandone un aspetto tragico e violento. Infatti a seguito della seconda guerra mondiale Dalí incominciò ad interessarsi alla fisica nucleare effondendo una dura realtà sulla continuità del suo quadro.
Nella seconda produzione vediamo in predominanza dei mattoncini posti sulla base dai quali fuoriescono proiettili che si dirigono al centro dell’elaborato. Le acque decisamente avanzate rispetto a “La persistenza della memoria” evocano un chiaro squilibrio del clima sociale. Tuttavia l’inclusione del pesce, posto a destra del dipinto, può nutrire un simbolo positivo relativo alla vita e alla fluttuazione dell’energia. Proprio come i quattro orologi molli che, ben incorporati nell’ambiente sommerso dalle malsanità, continuano ad essere irrefrenabili con il loro naturale andamento. Nella visione, decisamente disarmonica, anche l’albero ha il suo grido stanco, poiché vi è ri- prodotto con dei tagli che ne definiscono le debolezze. Nella tecnica compositiva altalenanti contrasti cromatici, caldi e freddi, completano l’opera con ruvidezza espressiva offrendone una finitura ad ampio carattere coreografico sulla quale possiamo affiancarne un’acuta massima del pittore russo Wassily Kandinsky: Il colore è un mezzo per esercitare un influsso diretto sull’Anima. Il colore è il tasto. L’occhio è il martelletto. L’Anima è un pianoforte con molte corde. L’artista è la mano che con questo o quel tasto porta l’anima a vibrare.