Pochi sanno che in Italia vennero aperti numerosi campi di internamento, di cui solo la storia locale vi rende memoria.
In Puglia i campi furono quattro: Alberobello, Gioia del Colle, le Isole Tremiti e Manfredonia.
In provincia di Foggia ci furono delle ispezioni e si stabilì un secondo campo, oltre a quello già attivo alle Isole Tremiti. Situato sulla strada, il campo di internamento di Manfredonia, iniziò a funzionare dal 16 giugno del 1940 e solo nel ’43 tornò ad essere il macello comunale.
Con opportune modifiche, poteva ospitare trecento prigionieri. Furono infatti effettuati dei lavori: ricavati dei camerini, scavate le fogne, attrezzate le docce e le cucine.
Ancora oggi la struttura si trova all’ingresso di Manfredonia, sul lato sinistro se si proviene da Foggia.
La direzione del campo era affidata ad un Commissario di Pubblica Sicurezza (fino al 15 giugno 1943 Guido Celentano, in seguito Rosario Stabile), mentre la sorveglianza esterna era responsabilità di otto carabinieri e otto poliziotti.
Erano presenti sovversivi politici, ebrei tedeschi, slavi (provenienti da Istria e da Fiume).
Tra gli antifascisti c’era Alessandro Pertini, futuro Presidente della Repubblica, che ivi rimase fino al giorno del confino sulle Isole Tremiti.
Qui vi erano: ebrei, italiani “pericolosi”, oppositori politici, pregiudicati per reati comuni, “allogeni” slavi, individui sospetti di spionaggio e di attività “antinazionali”, omosessuali; 1300 prigionieri. (Direttore Coviello, tempo operatività 1940 – estate 1943.)
Gli internati venivano sorvegliati e custoditi, il campo non servì certo per eliminare delle persone, nonostante la presenza di un forno crematorio (di cui tutti i macelli sono dotati) fortunatamente mai usato a tal uopo.