Leggendo o ascoltando il termine Libertino, si pensa immediatamente a dissoluto. Tale termine chiama alla mente Don Giovanni e Casanova, il che è errato. Si vedrà come la storia della parola (semantica) si discosti dall’etimo originario. Inoltre, Casanova e Don Giovanni sono due figure completamente diverse, che richiameremo nel corso della nostra trattazione la quale - si badi bene - non è esaustiva.
Da libertus – schiavo affrancato – da religione e ipocrisia morali per le sette del Libero Spirito. Si può giungere solo da qui al termine originario di libertino. Abbiamo testimonianze storiche dei libertini – liberi pensatori – in Francia, dove sono protetti da Margherita di Navarra, sorella di Francesco I di Francia.
In ambiente calvinista ricordiamo la condanna al rogo di Michele Serveto. La storiografia filosofica non ha mai preso – per troppo tempo – in seria considerazione i libertini in quanto pensiero, o atteggiamento, che si basa su questi punti (li ha, o meglio, li aveva, liquidati un’antiquata storiografia come epigoni dell’aristotelismo o dell’edonismo epicureo): lo spirito è amministratore del mondo, da cui deriva il naturalismo panpsichistico, il quale si lega all’indirizzo epicureo. Da qui si riconosce che il libertinismo è libero pensiero (basterebbe pensare agli “eruditi” di Parigi).
La loro morale si basa contro l’ipocrisia delle chiese dominanti. Infine essi predicano tolleranza contro il “sacrilego” Concilio Tridentino (nisi caste, tamen caute). Il movimento è contro ogni forma di antropomorfismo della divinità, proponendo la unità dello spirito (l’anima non è che parola) con la materia, che poi diverrà ateismo materialista (Gassendi poi ripreso da Hobbes). Secondo i canoni epicurei, in loro c’è l’amore per la sincerità, purezza “adamitica”, quindi scelgono l’edonismo quale ricerca della felicità, che ritengono di poter trovare grazie a intense emozioni e sensazioni. Unica legge sociale è quella di amare gli altri poiché nessuno possa nuocere all’altro. Proprio nel riconoscersi nell’altro è ciò che li lega all’Illuminismo razionalista (in fondo la Rinascenza è l’antesignana dei Lumi). Dalla magia e dall’esoterismo iniziali il Libertinismo acquista un significato più razionale; spiritualmente si è giunti persino a disconoscere il contributo del libertinismo, che ebbe nelle proprie fila atomisti (Bayle – ateismo virtuoso – e Gassendi), letterati (Molière) e che esercitò una influenza sulle teorie liberali come nel Trattato sul governo di Locke, sulle teorie materialistiche di Helvétius; e ancora più: su Diderot e d’Holbach, e sulla critica radicale alla società nobiliare ed ecclesiastica di Voltaire.
Noi abbiamo il pregiudizio che il libertinismo sia dissolutezza: è un asserto errato. I libertini si battono moralmente contro ogni ipocrisia dettata dal potere. Neanche Don Giovanni o Casanova possono esprimere il senso del libertinismo quale movimento – o atteggiamento – filosofico. Don Giovanni è diverso, opposto, a Casanova: il primo è una figura letteraria: nasce dalle avventure che un monaco avrebbe avuto prima di prendere i voti. Una confessione dei pericoli della carne o peccato, al che i libertini non sottostanno a tale divisione preconcetta, assurda e menzognera. Ma al di là di ciò, Don Giovanni promette prestazioni sessuali, mentre Casanova, che è veramente esistito, non usa la donna, bensì la ama. È un avventuriero che esprime l’essere e l’individualità di ogni uomo, il quale si interroga sull’interiorità della donna, della sua debolezza e della sua sensualità. Pertanto associare – come fa il senso comune – Don Giovanni a Casanova è un ossimoro. Don Giovanni promette solo mercificazione – si direbbe oggi – del sesso, non ha affetti; dà risposte solo sul lato della sessualità. Casanova, invece, ama la donna e la fa risaltare con il suo amore. Rientra in tale atteggiamento di pensiero, il “divino marchese” F.de Sade la cui figura è estremamente interessante e complessa.