Sarebbe impossibile qua trattare l’opera del grande scienziato: fare una critica alle sue teorie, integrarle con la genetica e le ultime costruzioni e scoperte pervenuteci.
Diremo subito che l’idea dell’evoluzione non era nuova, ma è il grande naturalista che portò indubbi apporti, vantaggi, alle scienze biologiche, riuscendo con estremo rigore scientifico a far progredire lo stesso pensiero filosofico.
L’uomo s’è evoluto storicamente così riesce ad inquadrarlo nella sua vera natura come somma di quantità e qualità istintuali, bisogni, etc. Ancora di più (e ciò fa accendere le innumerevoli polemiche): il famoso finalismo collegato alla rigida teologia è messo in discussione, non con prove “speculative” ma con prove rigidamente scientifiche. Se vogliamo, certi di non far supposizioni sciocche, il problema si riallaccia alla distinzione tra i campi d’indagine della scienza, della filosofia e della teologia. Frattura che aveva trovato già agli albori dell’umanesimo e nel periodo galileiano e cartesiano, la piena consapevolezza.
Oggi sappiamo che l’uomo è la risultante della lenta evoluzione biologica (il famoso bio-gramma o en-gramma umano) ma che non si può discernere dalla storia.
Quella grande massa (la neocortex) presente nell’uomo perché s’è venuta a sviluppare? Il cervello del rettile è molto primitivo, quello del mammifero comincia a prendere il sopravvento sul limbico, sull’archipallio; la corteccia nuova (neocortex) permette all’uomo non solo di comunicare, di costruire, ma di simbolizzare. Eppure anche i primati più prossimi all’uomo vivono in un ambiente: gli stessi esperimenti su scimpanzé hanno mostrato, ad esempio, che questo mammifero riesce ad apprendere, riesce a comporre frasi, ad imparare il linguaggio dei sordomuti ma non riesce a simbolizzare. Potremo dire che – in fondo – è un puro apprendimento automatico che si limita al segno.
Che cos’è il segno? Che cosa lo differenzia dal simbolo?
Il segno (mimica, linguaggio etc.) indica qualcosa, come vedremo, diverso però dal simbolo. Ad esempio, le lettere dell’alfabeto sono segni. Il simbolo è più complesso: possiede la capacità di rievocare solamente questa e quella situazione. Due amici si trovano in un determinato luogo e riescono a comunicare le loro esperienze anche con un semplice sguardo. È un cifrario più elaborato che manda, evoca, un ricordo all’altrui persona.
La data della maturità (o di altro evento importante) sarà non solo un segno, ma un simbolo per coloro che l’hanno sostenuta. Tra dieci, quindici anni, quegli studenti ricorderanno chi ha passato loro il compito, se è andata bene la versione etc. Questa breve disquisizione m’è sembrata utile per dividere l’Homo dal suo stretto “parente”.
Ma l’uomo si è dato delle norme, ha connesso i vari fenomeni tramite la nozione di regolarità. La bestia no! L’uomo ha trovato nell’ambiente i mezzi per trasformarlo e non solo per adattarsi. Ciò fa capire o almeno v’è un indizio del come e del perché noi possediamo racchiusa nel cranio, la neocorteccia. Plasmato dalla natura, ha saputo divenire soggetto della natura stessa: l’uomo fa la storia. Questo – in ultima analisi – è ciò che abbiamo imparato dalla lezione del grande naturalista inglese. Naturalmente il discorso cadrebbe in una certa ingenuità (se non semplicismo) se non si facessero obiezioni indispensabili: l’essere umano ha un sostrato genetico, neurale, che lo condiziona nelle sue azioni. Tende insomma ad appagare i propri istinti e pulsioni vitali nel modo più facile (un calcolo ben ragionato – si potrebbe dire –) ma oggi, in particolare, siamo in una situazione pericolosa. Cerchiamo di adagiarci in una società che apparentemente ci appaga i bisogni più lampanti e soprattutto quelli superflui e noi, per dirla con Fromm, preferiamo essere oggetti che soggetti del nostro progredire storico (la quaestio della scelta). Quella “famosa fuga dalla libertà” che ha messo in evidenza il succitato psicoanalista-sociologo.
Bisognerebbe pertanto riacquistare la dimensione di noi stessi, riabituarci a vivere in modo pieno e non da robot, da vegetali. Le interazioni sociali, le pulsioni del nostro sostrato, sono le tematiche che ci assillano: come difenderci e come incanalare questi impulsi? Condizionamenti esterni ed interni ci combattono: questa realtà è sovra tutto d’oggi. Lasciarci dominare oppure re-imparare a gustare la vita? Cominciamo intanto a rivisitare le nostre radici: l’uomo storico con il suo biogramma è venuto a creare, con sacrificio, le più ardite costruzioni scientifiche, tecniche, filosofiche. A toglier barriere razziali, pregiudizi, a distribuire in modo più equanime con i diritti e si spera, un domani, anche la ricchezza. Pertanto la Storia va avanti con il nostro contributo. Avere questa coscienza è già un passo innanzi. Siamo fieri d’avere una massa corticale che ci permette tutto questo ma sappiamola anche investire in modo proficuo. Altrimenti si svaluta, si devitalizza e quindi come dei rettili, dei parameci noi ci muoveremo. Se ci calpesteranno (come oggi si tende a devitalizzarci) dovremo recitare il mea culpa, se saremo ancor in grado di farlo.
Noi, in questo breve scritto, stiamo commemorando non platealmente né con velleità accademiche, Darwin. È come un punto in questo sconfinato atlante della storia umana, del pensiero concreto. In nuce, con coscienza scrupolosa, ci ha restituito la nostra dignità di uomini che da soli si sono formati: uomini reali, concreti che hanno vissuto, che vivono in un determinato ambiente e hanno creato e creano la storia. Si sono innalzati, pur avendo coscienza degli istituti più brutali, ad alte mete. Oggi la seria ricerca scientifica sta studiando con profonda acutezza i relativi problemi cromosomici, genetici, biochimici con estrema libertà, senza avere barriere preconcette. Semmai il discorso diventa impegnativo quando siamo al corrente che la ricerca, se non deve fare i conti con i pregiudizi teologici, non è neutrale ma le grosse industrie la finanziano per scopi che escono dall’umanitarismo. Questo dovrebbe essere motivo di riflessione e di pungolo per uscire dai nostri gusci.
Come s’è visto tanti problemi sono riemersi e tutti scottanti.
La forza – mi ripeterò – per riprendere la situazione in mano è questa: ripercorrere le varie situazioni che ci hanno portato con sudore a liberarci da insulsi pregiudizi, a capire che la forza dell’uomo sta in lui stesso: può ancora essere sé stesso, sviluppare quella parte di cervello superiore, dirigere la storia senza delegare alcuno. Da Homo brutalis ha saputo raggiungere traguardi etici.
Ora “eticità” significa nel nostro contesto, avere la consapevolezza della società che ci circonda; ciò senza pseudo-moralismi e sovente rancidi non solo è indispensabile esser-ci ma ciò comporta l’essere come ontologia sociale, relazionarci, abbattendo gli assoluti.
Un ottimo testo d’approfondimento resta Charles Green, The Dead of Adam.Evolution and Its Impact on Western Thought, Yova State University Press,1959, reperibile in italiano nella collana Campi del Sapere di Feltrinelli.
(Darwin, pur avendo letto criticamente Jean-Baptiste Lamarck non lo cita mai eppure Philosophie Zoologique del grande Francese, fondatore con Cuvier della paleontologia, fornì lui degli spunti.)