Donna di elette virtù e incomparabile bellezza
Poter vantare il primato di essere la prima donna della storia in una categoria professionale è pur sempre un merito e un traguardo di prestigio. Se questo primato può essere esteso non solo all’Italia ma al mondo intero, prestigio e fama acquistano ancora maggiore rilievo.
È il caso di Giustina Rocca (Trani, 1440-1502), unanimemente ritenuta la prima donna avvocato del mondo, che lo storico e biografo F. Babudri in un articolo apparso nel 1954 sul settimanale barese Bari Stampa definisce donna stupenda, di elette virtù, di incomparabile bellezza, spirito e arguzia, oltre che di dottrina. Nello stesso articolo egli ritiene di indi-viduare in Giustina Rocca il personaggio ispiratore di Porzia di Belmonte nel Mercante di Venezia di Shakespere; affermazione plausibile, considerato che la fama dell’avvocatessa tranese aveva ampiamente varcato i confini dell’Inghilterra.
Nata a Trani da famiglia di antica nobiltà
Giustina Rocca, nata da Orazio, oratore al Senato di Napoli, e da una donna appartenente ai Filangieri, ebbe per marito Giovanni Antonio Palagano, figlio di Alberico, della celebre famiglia del Seggio di Portanova di Trani. Dal matrimonio nacquero quattro figli: Alberico, Vincenzo, Giulio Abate ed una femmina, Cornelia, morta prematuramente nel 1492. Discendeva da una famiglia di antica nobiltà tranese: il nonno paterno, Angelo, fu Regio Consigliere e Ambasciatore al tempo della regina Giovanna, oltre che beneficiario dei privilegi del Sedile dell’Arcivescovado.
I principali studi di donna Giustina riguardarono il Diritto Romano e la Storia del Regno d’Italia.
Abile e avveduta ambasciatrice
Per comprendere appieno il contesto socio-politico in cui si trovò a operare Giustina Rocca, è utile ricordare che dal 1495 al 1509 Trani fu sotto il dominio del Governo di Venezia in quanto Re Ferrante II contrasse un debito con la “Serenissima” per sostenere la guerra contro i Francesi. In segno di garanzia per la somma ottenuta (15 mila ducati) diede in pegno a Venezia le città di Otranto, Monopoli, Polignano e, appunto, Trani.
È la premessa per accreditare la convinzione degli storici che indicano in Giustina Rocca un’intermediaria di negozi delicatissimi tra Venezia e Trani perché in possesso dei requisiti necessari per svolgere incarichi delicati e di fiducia. Ella, infatti, era in grado di esibire una profonda conoscenza del Diritto, una disinvolta padronanza dell’eloquenza e una innata attitudine alla diplomazia e alla risoluzione di situazioni critiche e complesse. Inoltre, poteva vantare un istintivo e marcato savoir faire cui si aggiungeva un prestigio personale che le derivava dall’appartenenza a due delle famiglie più potenti e ricche del Regno di Napoli.
Tutte doti che la misero in condizione di recarsi ripetutamente a Venezia facendole acquisire fama di abile e avveduta ambasciatrice.
Ai fini della compiuta comprensione dell’esaltante parabola professionale e umana di Giustina Rocca occorre ancora aggiungere che a Trani sin dall’anno 1063, in un periodo in cui la città aveva il suo pieno autogoverno (1042-1073), già si legiferava e si amministrava giustizia.
La sentenza arbitrale
Nel periodo di transizione fra il Medioevo e l’età moderna l’inserimento professionale della donna nelle pubbliche attività era ancora di là da venire: in particolare, le erano categoricamente inibite proprio le scienze e le attività giuridiche. Soltanto nel-l’Università di Bologna le donne che eccellevano negli studi di diritto si potevano dedicare all’insegnamento e alla scrittura di trattati giuridici.
Tuttavia, non potevano essere considerate avvocatesse come noi le intendiamo, né era loro concesso di esercitare la giustizia e l’arbitrato. L’occasione che rese famosa Giustina Rocca come avvocatessa si presentò l’8 aprile del 1500 allorché venne impegnata come arbitro in una controversia: sedette nel tribunale di Trani e, davanti ai suoi concittadini, esercitò le funzioni in una disputa insorta per una questione ereditaria sollevata da alcuni suoi nipoti. Dopo aver pronunciato il lodo in lingua volgare invece che in latino (felice intuizione della Rocca affinché la sentenza fosse comprensibile ai numerosi suoi concittadini accorsi in tribunale), chiese ed ottenne di essere pagata per il servizio reso. La sentenza arbitrale fu pronunciata in presenza del governatore veneto della città, Ludovico Contarini.
L’episodio venne raccontato qualche decennio più tardi da Cesare Lambertini nel De iure patronatus, stampato per la prima volta a Venezia e diffuso successivamente nel resto d’Europa, a Francoforte e a Lione.
Di rilevante significato fu la richiesta di liquidazione delle competenze professionali stabilite dalla legge per gli arbitri con apposita tariffa (la così detta trigesima). Il soccombente – il nipote della stessa Rocca, Angelo – fu citato per l’adempimento presso il Governatore e dovette pagare l’intera somma.
Per l’insieme di queste felici concomitanze, dunque, Giustina Rocca è acclamata come la prima avvocatessa, nel senso moderno della parola, che abbia percepito onorari secondo le tariffe
La “Torre Rocca” alla Corte di Giustizia dell’UE
Per rendere visibili e imperituri i meriti di Giustina Rocca, nel 2022 la Corte di Giustizia dell’Unione Europea, con sede a Lussemburgo, celebrando il suo 70^ anniversario le ha dedicato la torre più alta dell’edificio in cui l’istituzione è ospitata: la Torre Rocca che con i suoi 118 metri di altezza e 29 piani costituisce l’edificio più imponente della città e del Granducato. Con tale gesto la Corte ha inteso evidenziare il fervore di Giustina Rocca per l’accessibilità al diritto e alla giustizia da parte di tutti, ribadendo il suo impegno per favorire le pari opportunità e la sua volontà di essere trattata come gli uomini che disponevano di tali prerogative.
Occorre ricordare, ancora, che Trani, la sua città, le ha intitolato una strada e una scuola secondaria di I grado. Anche a Bari, nel quartiere Japigia, si trova una strada che porta il nome della giurista tranese.
Il 10 giugno 1501, "malata di corpo, ma sana di mente, di memoria e di parola", dettava a un notaio il suo testamento. Sopravvisse di poco alla malattia: nel 1502 morì, sepolta come da sue disposizioni nella Chiesa Arcivescovile, accanto a sua figlia Cornelia scomparsa prematuramente nel 1492 e il cui epitaffio fu scritto dalla stessa Giustina: La sua età non aveva ancora visto i vent’anni, quando la morte a noi la strappò violenta, con repentino morso.